
Il decreto approvato oggi sancisce il fallimento dei centri in Albania, così come erano stati pensati in origine, con un costo previsto per i primi cinque anni di quasi 800 milioni. Prevedere che, da adesso in poi, verranno trasferiti in quei centri i migranti in attesa di rimpatrio che si trovano in Italia segna la fine del primo progetto. Si tratta dell’insuccesso di un’idea che Giorgia Meloni, ancora oggi, sbandiera come una soluzione apprezzata da tutta l’Europa, ma che, alla prova delle leggi, anche europee, non ha funzionato. Quelle strutture, pensate come centri di deterrenza per i migranti soccorsi in mare, diventeranno centri di detenzione per migranti da rimpatriare, che verrebbero spediti in Albania con costi maggiori per il trasferimento in nave o in aereo al di là dell’Adriatico.
Tra l’altro, solo uno dei due centri è stato costruito come un CPR, dove sarà possibile la detenzione di non più di un centinaio di persone. Si tratta di uno spreco di soldi, sia in passato sia, forse, anche nei prossimi mesi, per trasformare i due centri in CPR, pur di non ammettere il fallimento di tutto il progetto. Questo progetto si basava su un accordo con il governo albanese, il quale, in cambio di una possibile apertura per l’ingresso in Europa, aveva permesso la cessione di una parte di territorio all’Italia. Ora, a due mesi dalle elezioni in Albania, il premier Edi Rama dovrebbe rivedere e firmare un nuovo accordo.
Tutto ciò avviene sempre nell’attesa che la Corte di giustizia europea definisca quali siano i paesi sicuri. Sia Meloni che Piantedosi, non ammettendo la sconfitta, sperano ancora che una nuova lista dei Paesi sicuri riapra il primo progetto. Era atteso, il decreto sull’Albania che, come quello che limita fino ai nonni lo ius sanguinis per gli italiani all’estero, arriva in un momento di difficoltà per il governo. Mostrare il pugno di ferro nella limitazione dei diritti serve alla destra per non esporre le proprie debolezze, sia all’interno del governo nei rapporti tra gli alleati, sia nei rapporti con l’Europa.