“Per me, questo processo sarà quello della vigliaccheria”. Lo ha ripetuto per ben tre volte Gisèle Pelicot questo martedì 19 novembre, nella sua ultima testimonianza davanti ai giudici di Avignone. Aggiungendo una richiesta per lei e per tutte le donne vittime di violenza di cui si è trovata suo malgrado a diventare il simbolo: “È veramente ora che la società maschilista, patriarcale, che banalizza lo stupro, cambi. È ora di cambiare lo sguardo sullo stupro”.
Sono due mesi e mezzo che questa donna di 71 anni assiste alle deposizioni di una cinquantina di uomini accusati di averla violentata mentre era stata drogata dal suo ex marito. Più dei video delle violenze registrati da Dominique Pelicot, gli stessi video che hanno trasformato la sua vergogna e disperazione in rabbia e determinazione, quando li ha visti prima dell’inizio del processo nello studio dei suoi avvocati; più delle cose indicibili che ha sentito in queste settimane e della fatica, è dell’atteggiamento dei suoi carnefici che ha voluto parlare. “Ho visto sfilare alla sbarra degli individui che in gran parte negano lo stupro e faccio molta fatica a confrontarmi a questa banalità. Voglio dire a questi uomini: a che punto, quando entrate in questa stanza, la signora Pelicot vi dà il suo consenso? A che punto, di fronte a quel corpo inerte, prendete coscienza di quello che sta succedendo? A che punto decidete di non andare a denunciarlo alla polizia? Ho sentito dire ‘ero come teleguidato’, ‘ho bevuto un bicchiere d’acqua, ero drogato’. Ma a che punto non si sono resi conto?”.
In tribunale si è poi assistito a una sorta di gioco degli specchi. Con lei che negava, davanti alle domande degli avvocati della difesa, di essere mai stata succube del marito, e lui, Dominique Pelicot, che chiamato nuovamente a testimoniare ammetteva infine il movente. “L’ho fatto per puro egoismo”, ha detto, “perché mi eccitava l’idea di sottomettere una donna non sottomessa”.
Con la sua voce e sulla sua pelle, Gisèle Pelicot continua così a incarnare la dimensione collettiva di un processo senza paragoni. Scegliendo di rendere pubblico questo processo, sta mettendo sotto gli occhi di tutti la banalità con cui la società percepisce ancora oggi le violenze sessuali e chi le mette in atto. La sua voce risuona nel mondo e in Francia, dove oltre 400 organizzazioni e personalità hanno lanciato un appello a scendere in strada sabato 23 settembre, due giorni prima della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, per dare una scossa alla società, a sette anni di distanza dal movimento #metoo.
Sull’onda del processo degli stupri di Mazan, la segretaria di Stato per le pari opportunità (questo governo ha retrocesso il ministero) ha promesso che annuncerà delle misure concrete, a cominciare dall’assistenza alle vittime e dalla formazione. Intanto, il procedimento arriva alle fasi finali. Dopo le arringhe e le requisizioni degli avvocati dell’accusa e delle parti civili, sarà il turno della difesa. Il verdetto dei giudici è atteso per il 20 dicembre.