C’è un pessimo clima attorno al referendum istituzionale sulle riforme. Il “caso” Morosini è esemplare. Che cosa è successo? Il quotidiano Il Foglio ha pubblicato una lunga intervista a Piergiorgio Morosini, membro togato del Csm, esponente della corrente di sinistra di Magistratura Democratica.
Un’intervista – arrivata (guarda caso) il giorno dopo lo scontro al Consiglio superiore della Magistratura sull’arresto del Sindaco di Lodi Simone Uggetti – che ha provocato un putiferio politico, l’intervento del Guardasigilli, un’infuocata riunione al Plenum e un aumento della già forte tensione tra il governo e i magistrati.
Il titolo dell’articolo riguardante Piergiorgio Morosini è: “Perché Renzi va fermato”. È tra virgolette. Quindi, dovrebbe trattarsi di una frase detta dal magistrato. Nell’intero articolo, questa frase però non compare. Non vi è traccia di queste parole.
Scoppiato il caso, è lo stesso Morosini a sottolinearlo nella sua parziale smentita affidata a un comunicato. Il magistrato ammette di aver parlato con la cronista del Foglio, smentisce però di aver mai rilasciato un’intervista, spiega come le sue affermazioni siano state travisate, ribadisce però di non aver detto mai quella frase. Una frase che infatti nel testo non compare, ma solo nel titolo.
Un titolo che viene collegato ad arte alla sostanza politica della conversazione con Morosini: il suo impegno attivo con il fronte del No nel referendum sulla riforma istituzionale di Matteo Renzi.
L’equazione suggerita è dunque semplice: Morosini vuole mandare a casa Renzi contribuendo alla vittoria del No nella consultazione del prossimo autunno.
Se in questo articolo il collegamento tra le cause e i motivi dell’azione del magistrato è basato sul gioco tra titolo e testo, diventa invece esplicito nell’editoriale del direttore del Foglio, Claudio Cerasa, che compare nella stessa pagina.
Cerasa dice esplicitamente: c’è un disegno delle toghe per bloccare l’azione del presidente del Consiglio. (Vi ricorda qualche cosa e qualcuno ?)
“Esiste – scrive il direttore del Foglio – una volontà esplicita di una parte della magistratura politicizzata di combattere moralmente il governo sul terreno fertile dello scontro sul referendum costituzionale”.
Il motivo? Evitare che vengano meno i contrappesi tra i poteri dello Stato, è la sintesi del direttore del Foglio. È la paura delle toghe di essere alla mercè della politica, nel caso in cui dovesse passare una riforma che concede ampi poteri all’esecutivo. Da qui, le uscite dell’Anm di Piercamillo Davigo e le numerose inchieste sui parenti dei più influenti membri del governo; gli arresti (considerati) facili.
È la teoria del Grande Complotto della magistratura; una teoria che pensavamo di esserci lasciati alle spalle con la fine dell’Era Berlusconi e che, invece, purtroppo ci ritroviamo ancora una volta davanti.
L’operazione editoriale del Foglio è stata abile e Piergiorgio Morosini è apparso ingenuo nel cadere nella trappola. Per quel titolo (una frase mai detta) e per il contenuto dell’articolo, incentrato sul referendum di ottobre, il ministro della Giustizia Orlando ha chiesto chiarimenti al vicepresidente del Csm Legnini. Un intervento indiretto quello del Guardasigilli, ma comunque pesante nei confronti di Morosini.
C’è un pessimo clima attorno al referendum istituzionale sulle riforme. Qualche settimana fa, Fabrizio Rondolino, ora vicino a Matteo Renzi, ha sferrato un durissimo attacco contro il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia per le sue prese di posizione a favore del No.
Con toni irridenti, vicino all’insulto, l’ex portavoce di Massimo D’Alema, ha sferzato Smuraglia. Da microfoni di Radio Popolare, lui ha risposto: “Si è trattato di una sorta di ammonimento perché l’associazione dei Partigiani non si intrometta nella campagna per il referendum costituzionale”.
Una trappola per Piergiorgio Morosini, un ammonimento per Carlo Smuraglia. Alta è la posta in gioco nella consultazione. Per il Paese, soprattutto, ma anche per lo stesso Matteo Renzi che con quel referendum (come egli stesso ha più volte ripetuto) si gioca il futuro in politica.
Sarebbe importante che a quell’appuntamento si arrivasse senza aver provocato troppe macerie (istituzionali, nel caso dello scontro tra esecutivo e magistratura); senza teorie del complotto, vecchie e dannose, tirate fuori ad hoc, come ha fatto il Foglio, per creare un clima politico irrespirabile; senza quella volontà di dividere (o con me o contro di me) che troppo spesso è stata utilizzata nella sua comunicazione politica da Matteo Renzi.
Sei mesi di una campagna elettorale così, il Paese non li merita. Mai più.