Dario Fo, ospite a Bookcity per presentare il “Nuovo manuale minimo dell’attore” (ed. Chiarelettere), la seconda tappa di un percorso intrapreso con Franca Rame, prima della sua recente scomparsa, condivide volentieri con Il Suggeritore ricordi di vita e considerazioni sul ruolo dell’arte.
Personaggi celebri rappresentati nel corso del lavoro insieme, come Giorgio Strehler o Jacques Lecoq, in quel secondo dopoguerra che per il teatro italiano rappresentò un definitivo punto di svolta.
E una dichiarazione d’amore per Milano, la città dove dapprima per casualità e poi con sempre più definita convinzione, un irreprimibile Dario Fo e una indimenticabile Franca Rame partivano per un viaggio artistico che li avrebbe portati lontano, lontano nel tempo, per dirla con Tenco.
Ecco un breve estratto da questa nuova, allegra fatica del più anticonvenzionale dei Nobel:
Cos’è la quarta parete, cosa significa? È la condizione in cui si viene a trovare normalmente il pubblico che assiste alla rappresentazione nello spirito del «guardone». Cioè sta spiando al buio, non visto, una storia che gli attori stanno vivendo al di là del proscenio, in piena luce, come se stessero recitando senza rendersi conto che sono ascoltati da centinaia di persone. Questa è la peggiore condizione che possa capitare a un attore. «Bisogna assolutamente distruggerla questa quarta parete – sbottava Franca –, fare in modo che ogni spettatore esca da quello stato d’animo deleterio e ascolti libero da condizionamenti, o meglio con una partecipazione consapevole e, al contrario, trasformi la qualità della suaattenzione, a costo di assumere un atteggiamento critico nei riguardi del dramma o della commedia.»
Ascolta l’intervista di Il Suggeritore a Dario Fo