Morgenshtern è uno dei rapper più famosi e popolari in Russia. Dalla Russia è dovuto scappare, ma ieri ha pubblicato su YouTube il video di una nuova canzone che si chiama “12”. Nel video lui è seduto all’interno di un’automobile gialla, distrutta, evidentemente colpita dai bombardamenti, intorno a lui, manifestanti mostrano cartelli della pace. La canzone è contro la guerra, e contro la propaganda del Cremlino.
Alla fine del video, si sentono alcune parole in ucraino. È un messaggio vocale della mamma del suo produttore. Lui è ucraino, e la mamma è in Ucraina: “Figliolo – dice il messaggio vocale – il nostro tetto è stato quasi spazzato via questa mattina. Abbiamo pensato di scappare da qualche parte, ma siamo tornati a casa e ora siamo seduti qui. Abbiamo fatto un bunker anti bombe nella cantina quindi non preoccuparti tesoro”.
Alla fine di questo messaggio, appare la scritta: il mio produttore è ucraino. Io sono russo. Facciamo musica insieme, per tutto il mondo. Vogliamo la pace, vogliamo amicizia”.
Morgenshtern rischia tanto con questo brano, ma lui è riuscito a scappare dalla Russia. Ma dentro il paese, le voci dissidenti – forse più in sordina, forse in modo meno palese – iniziano a farsi sentire. Ci sono i giornalisti, che abbiamo raccontato tante volte. Come quelli di Novaja Gazeta che continuano ogni giorno a pubblicare i loro articoli, senza usare la parola guerra, ma raccontando l’opposizione laterale. O come La giornalista Marina Ovsyannikova della TV di stato russa Channel One, che ha interrotto il TG della sera con un cartello con scritto “no alla guerra, no alle bugie del Cremlino”.
Ma c’è anche tutto un mondo culturale, fatto di scrittori, musicisti, attivisti, editori, che chiede la pace. Come Vitali Ziusko, direttore della casa editrice indipendente KompasGuide in Russia, che ha diffuso questa lettera: “Siamo contro la guerra – scrive – e con tutto il mio team vogliamo denunciarlo. Supportiamo l’ucraina e gli ucraini. Oggi in Russia, sono pochi gli editori che osano guardare alla russia moderna e al suo passato sovietico con occhio critico. Ma nonostante il rischio, le case editrici indipendenti si stanno mobilitando per assicurarsi che queste voci vengano ascoltate”.
La lettera continua, e la sensazione è che il futuro sia ancora più buio del presente. “Il futuro dell’editoria indipendente in russia sembra scuro” – scrive Vitali – non so come e quanto a lungo io e i miei colleghi potremo continuare questa lotta”.
Insieme a lui, il mondo intellettuale ha firmato un appello. Tra i firmatari ci sono la premio Nobel per la letteratura Svetlana Alexievich, la poetessa Maria Stepanova, lo scrittore satirico Victor Shenderovich o il vincitore del Russian Booker Prize Alexander Ilichevsky.
“La lingua russa ora è usata per diffondere odio – scrivono nell’appello – usatela ora per raggiungere persone che conoscete o che non conoscete. Se Putin è cieco e sordo, magari la gente ascolterà chi parla la sua stessa lingua. Questa guerra vergognosa va fermata”.