Giorgia Meloni ha un grosso problema in Europa che la missione cinese non può far dimenticare.
“Professionisti della disinformazione e della mistificazione. Fake news”: i toni di Palazzo Chigi erano questi. Una sfida lanciata da Pechino a Bruxelles. Toni inaccettabili per von der Leyen.
Il rapporto contestato da Palazzo Chigi – dicono oggi fonti della Commissione Europea – “si basa su una varietà di fonti” ed “è il risultato di molteplici scambi anche a livello politico con i Paesi membri” e di “una stretta collaborazione con le autorità nazionali”. Inoltre, dicono sempre le fonti europee, “alle autorità nazionali è stata data l’opportunità di dare aggiornamenti sulla situazione”.
I toni sono pacati, ma la sostanza è una risposta decisa: la Commissione respinge le accuse di Meloni di aver usato quel rapporto per attaccare lei e il suo governo. Il rapporto con Bruxelles è ai minimi termini: il no alla rielezione di Ursula von der Leyen, il no espresso in Consiglio anche alle altre due cariche, Costa e Kallas, contano. Ma conta anche l’atteggiamento, che è il riflesso di una scelta politica: Meloni si sta ritagliando un ruolo di opposizione sempre più netto.
La lettera sullo Stato di diritto ne è dimostrazione: negare, respingere, ribaltare le accuse. Di tutto questo rischia di fare le spese l’Italia, di pagare una sorta di auto-isolamento imposto dal governo. La missione in Cina – al di là dell’importanza del rapporto economico tra i due paesi – serve a Meloni per tentare di recuperare un profilo internazionale che in Europa sta perdendo.