E, in nome del famigerato Dio del Pallone, venne il giorno in cui Gesù cacciò i mercanti dal tempio. E quel giorno il redentore si incarnò nella forma collettiva ed improbabile dei tifosi inglesi della working class che in meno di 48 ore hanno silurato e affondato il blasfemo progetto del vitello d’oro: la Superlega. Pensata da un lugubre manipolo di avidi oligarchi per trasformare definitivamente la fede di milioni di credenti del Pallone in moneta sonante. Non sapevano, gli stolti, che certo il football è, secondo l’immortale Carmelo Bene, il più grande spettacolo perché eguale del teatro e del cinema, in tragedia o commedia, prosa o poesia, lo supera sempre per incertezza dell’epilogo. E che come spettacolo si compra e si vende diventando affari e profitto. Ma che il football è
anche qualcosa d’ altro. Una sorta di religione popolare nel senso primordiale e sacro del termine religioso : ciò che lega, ciò che fa legame.
Chiedetelo ai napoletani che cantano Maradona o ai Brasiliani che sognano Pelé e Garrincha o, appunto, ai ragazzotti di Liverpool o di Manchester scesi in strada nelle ultime 48 ore contro la Superlega. Se non si tratta di religione. Se non si tratta di legame. Il legame senza cui non esiste il senso è viceversa. Detta altrimenti il football è un evento sociale totale. Un luogo dell’immaginario collettivo. Un posto come l’isola che non c’è di Peter Pan. Undici uomini, non sulla cassa del morto, ma sul rettangolo verde, per parafrasare la canzone dei pirati. Un’ utopia anche politica. Chi è già sceso in campo anche solo su un prato di periferia lo sa: ci si sente liberi, uguali e fratelli almeno un po’. Liberté, égalité, fraternité a la caviglia senza più gerarchie se non quelle del talento, della devozione, della solidarietà per un fine comune. Un fine ideale proprio perché gratuito e insensato come calciare il pallone in rete. É di tutto questo e molto altro ancora che Florentino Perez, il giovane Agnelli e gli altri grandi azionisti non hanno tenuto conto o che forse semplicemente ignorano. Che come cantava Francesco De Gregori … « un giocatore lo vedi dal coraggio,dall’ altruismo e dalla fantasia … ».
Foto | Mircea V. Ploscar