I numeri dicono che l’occupazione è ai massimi, che l’export tira, che il turismo è un successo. Il Paese reale dice che i salari sono bassi, le liste di attesa infinite, che alle cure si rinuncia, e che i giovani vivono un disagio fatto di precarietà e incertezze. È la fotografia dell’Italia che emerge dal discorso di fine anno di Mattarella.
E se la parola dell’anno è ‘rispetto’, il rispetto lo si mette in pratica contrastando le morti sul lavoro, lottando contro i femminicidi, garantendo i diritti costituzionali ai detenuti. E qui Mattarella ha tirato la prima stoccata al governo: “i detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha portati a commettere crimini”. Una risposta alla frase infame “è una gioia non lasciarli respirare” pronunciata dal sottosegretario Delmastro.
Le altre due allusioni critiche sono state relative a due cardini della propaganda della destra: immigrazione e criminalità. Gli immigrati che amano l’Italia e ne vogliono diventare parte sono patrioti, ha detto Mattarella. I crimini invece sono in forte riduzione da dieci anni a questa parte, ha ricordato. Nel suo discorso ha citato due donne, Giulia Cecchettin e Cecilia Sala. E, prima, la bambina di Gaza morta di freddo. Emblema delle guerre e delle barbarie che le accompagnano. Pace, dice Mattarella, anzi vera pace, e guardando all’Europa, ancora una volta, nessuno sconto alla Russia di Putin, che con la sua aggressione all’Ucraina è responsabile della guerra. E del riarmo.
Visioni del mondo e culture in conflitto in un mondo sempre più polarizzato, sempre più radicalizzato. In Italia il discrimine è la Costituzione. E questo sarà l’anno dell’ottantesimo anniversario della Liberazione. Mattarella lo ha ricordato per dare uno scossone alla politica, che deve consolidare i presupposti della Costituzione. A Palazzo Chigi però ci sono gli eredi del Movimento Sociale, e le opposizioni arrancano, e la politica nel suo complesso è responsabile della disaffezione crescente che si concretizza nell’astensionismo.
Il discorso di Mattarella: il Paese dei numeri e il Paese reale
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Autore articolo
Luigi Ambrosio