Ricordati che ti ho creata io. Quello di Berlusconi è stato il discorso del vecchio patriarca che non vuole lasciare il palcoscenico.
Tutto è studiato, nulla è lasciato al caso, nemmeno il momento familiare all’inizio, la gioia per la nascita del diciassettesimo nipote. Subito dopo Berlusconi spiega che se Meloni sta dove sta è perché lui fondò Forza Italia. Nonno biologico, padre politico.
È stato anche un modo per dirle: sono io che ho tirato fuori i fascisti da dove stavano. E ora, è il sotto testo, mi aspetto che te ne ricordi.
Segue l’elenco delle cose che gli interessano: economia, fisco, giustizia. Su fisco e giustizia soprattutto si dilunga. Parla di programmi, pensa ovviamente ai posti di sottogoverno che ancora sono contesi.
Il potere contrattuale di Berlusconi è solo sulla carta, anche se in teoria al Senato avrebbe i numeri per fare cadere il Governo. Una maggioranza alternativa non c’è, non oggi, ed è difficile immaginarla per il futuro. Il suo partito è diviso e lacerato. A fianco di Meloni siede Tajani, il ministro degli Esteri, emblema dell’ala governista. Suda probabilmente quando Berlusconi parla di Ucraina.
Nel suo discorso ricorda quando ospitò Bush e Putin a Pratica di Mare nel 2002. Tace sul rapporto specialissimo con Putin. Afferma di stare con l’Occidente e la Nato. Sostiene che se c’è la guerra è perché la Russia è stata isolata. Non è la tirata pro Putin e anti-Zelensky della scorsa settimana ovviamente, ma è sufficiente per marcare una differenza con le parole di granito di Meloni sulla guerra.
Tajani lo osserva con sguardo gelido. Salvini il filo-russo, seduto sull’altro lato di Meloni, accenna appena l’applauso guardando da un’altra parte.