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L’attacco di VOX al diritto all’aborto in Spagna

Per quanto possa sembrare strano, l’aborto in Spagna è diventato un diritto poco più di 10 anni fa. L’interruzione di gravidanza è legale dal 1985 ma per abortire, la gravidanza doveva essere il risultato di uno stupro o doveva esserci un rischio per la salute del feto o della madre. Solo nel 2010 il premier socialista Zapatero ha trasformato l’aborto da una concessione a un diritto delle donne.

Con la legalizzazione dell’aborto, contrariamente agli anatemi del settore antiabortista, il numero delle interruzioni di gravidanza è sceso 20%: dai 113 mila aborti del 2012 ai 90 mila del 2021.
Ma il diritto all’aborto è ancora a rischio in Spagna. Dopo dodici anni, il tribunale costituzionale ancora non si è pronunciato sulla costituzionalità della legge Zapatero. E su questa crepa della normativa che si innesta la battaglia antiabortista di VOX, il “gemello spagnolo” di Fratelli d’Italia.

Da quando questo partito di estrema destra è diventato una forza rilevante, l’aborto è tornato a essere questionato. E in Castiglia e León, la prima regione spagnola dove VOX è al governo in coalizione con il Partito Popolare, è stato presentato un protocollo secondo cui i medici dovranno proporre alle donne che vogliono abortire di ascoltare il battito del cuore del feto, eseguire una ecografia tridimensionale o ricevere assistenza psicologica.

Sonia LLamas, psicologa dell’associazione spagnola “Donne per la salute”, intervistata da Radio Popolare, spiega che sottoporre le donne a questo tipo di pressioni indesiderate comporta conseguenze sulla salute fisica e mentale. E dire che esiste un rischio per la salute non è una metafora. Il protocollo antiabortista della Castiglia prevede un’ecografia tridimensionale a partire dalle 9 settimane di gestazione. Ma questo esame è sconsigliato al di sotto delle 12 settimane perché potrebbe rappresentare un pericolo per la salute del feto.

La realtà è che in Castiglia e León, una regione invecchiata, con un’eta media molto alta, l’aborto è una residuale. Nel 2021 sono stati praticati appena 2000 interruzioni di gravidanza, meno dell’1% del totale. In Spagna esiste poi un altro problema. E’ quasi praticamente impossibile abortire in un ospedale pubblico. Quasi tutti i medici sono obiettori, e il 75% degli interventi avviene in strutture private convenzionate.

“Dietro a questa proposta c’è un ideologia machista, patriarcale, ultracattolica che considera le donne incapaci di prendere decisioni corrette da sole. Quindi vanno tutelate dal marito o dalle istituzioni”, spiega Llamas ai microfoni di Radio Popolare e chiede che venga data la possibilità ai sanitari di fare obiezione di Cosenza rispetto a questo nuovo protocollo antiabortista così come è permesso ai medici obiettori non praticare aborti.

Il governo di coalizione di centrosinistra guidato da Pedro Sanchez è intervenuto e ha chiesto un chiarimento sulla norma. Un passo obbligato, fa sapere il governo, a cui seguirà il ricorso alla magistratura per bloccare la normativa, che sarebbe in contraddizione con la legge sull’aborto del 2010.

Dopo l’altolà, la Castiglia sembra averci ripensato. Il governatore Alfonso Mañueco, del Partito Popolare, ha ammesso che il protocollo esiste, ma che i medici non saranno obbligati a offrire le misure antiaborto in nessun caso.
Nel Partito Popolare, conservatore ma moderato, la proposta non è piaciuta ed è stata considerata una cessione all’estrema destra su un diritto che l’opinione pubblica spagnola considera ormai consolidato. Ma poco dopo le parole di Mañueco, il vicepresidente della regione e impulsore della norma antiaborto, Juan Gallardo, di VOX, è toranto a ribadire che il protocollo sì è di obbligato compimento per i sanitari.

Formalmente, la normativa non è stata ancora pubblicata ma c’è il sospetto che la Castiglia stia solo prendendo tempo per trovare il modo di riscrivere il protocollo in maniera tale da blindarlo di fronte a un possibile esame della giustizia amministrativa.

Di fronte a questi sotterfugi, rimane l’ultima istanza della Corte Costituzionale. Nelle prossime settimane la maggioranza progressista dell’alto tribunale dovrebbe dare il via libero definitivo alla legge sull’ aborto. E questo potrebbe essere il muro di difesa più forte difronte alla contro riforma dell’aborto che prepara VOX.

Foto | A Madrid una manifestazione per il sostegno al diritto all’aborto davanti all’ambasciata argentina Ansa

  • Autore articolo
    Giulio Maria Piantadosi
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    Dopo 18 ore di fermo, Ayoub è libero. A Milano il presidio solidale

    Si è concluso questa mattina il presidio organizzato davanti all’ufficio immigrazione di via Montebello a Milano per chiedere la liberazione di Ayoub. Il ventunenne di origini tunisine è stato liberato dopo quasi 18 ore di fermo. Ieri pomeriggio si trovava davanti a un bar sotto casa insieme a un amico, quando è arrivata una volante della polizia che ha iniziato a controllare i documenti dei presenti. Gli agenti gli hanno tolto il telefono e l’hanno portato in questura perché il suo permesso di soggiorno non era in regola. Ayoub, che partecipa alle attività del centro sociale Lambretta ed è seguito dalla comunità Kayros di Don Claudio Burgio, ha passato la notte in questura in attesa di un’udienza per decidere della sua espulsione dal territorio italiano. Dopo aver fatto domanda d’asilo, questa mattina Ayoub è stato liberato. Il 22 aprile dovrà presentarsi nuovamente all’ufficio di immigrazione con il suo avvocato. Secondo il centro sociale Lambretta, che ha organizzato il presidio, “quello che è accaduto non è un’eccezione: è la normalità per oltre un milione di persone senza documenti in Italia. Un sistema che criminalizza la migrazione, sospende lo stato di diritto e produce esclusione sociale”. Dopo il rilascio di Ayoub, le persone in presidio, una cinquantina, l’hanno accolto con un coro: “Tutti liberi, tutte libere”. Tra gli applausi, i ragazzi e le ragazze che lo aspettavano si sono stretti attorno a lui in un abbraccio collettivo. Chiara Manetti ha intervistato Ayoub dopo il suo rilascio.

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