Piccoli ritocchi che non affrontano i problemi più gravi e urgenti. Opposizioni e associazioni impegnate per i diritti dei detenuti hanno già definito così le misure del decreto carceri, che dopo il voto alla Camera, è diventato legge.
Una norma che prevede procedure per rendere più rapido l’accesso alle misure alternative al carcere per chi ne ha diritto, più telefonate per i detenuti. Interventi puntuali che impallidiscono davanti all’enormità di 65 suicidi in carcere da inizio anno. L’ultimo, il 7 agosto, è avvenuto a Prato, dove un detenuto di 35 anni di cittadinanza tunisina si è impiccato in cella.
Il sovraffollamento vede 14mila detenuti in più rispetto al previsto. Le migliaia di persone con disturbi psichici rinchiuse in carcere non hanno nulla per vedere alleviate le loro sofferenze. Per le professioni sociali e sanitarie non sono previste novità. Mille agenti di polizia penitenziaria in più (500 entro il prossimo anno, 500 entro il 2026) non copriranno nemmeno gli agenti che andranno in pensione.
Il nuovo albo delle comunità di accoglienza per i detenuti con tossicodipendenza o senza fissa dimora, nelle intenzioni, dovrebbe dare loro un luogo per finire di scontare le pene per alcuni reati fuori dal carcere. Il Coordinamento nazionale delle comunità ha già detto che non sono previste più risorse per aiutarle a offrire condizioni dignitose: “Diventeremo piccole prigioni private” ha commentato il Cnca. La maggioranza e il governo continuano a ripetere che le carceri restano una priorità. Le leggi che stanno approvando raccontano una realtà molto diversa.