Putin a tutto campo. Durante la conferenza del Club Valdai a Mosca ha di nuovo rimarcato la storica opposizione, accusato l’Occidente di alimentare la guerra in ucraina e minacciare la sicurezza della Russia. Nello stesso intervento ha detto che è pronto a risolvere qualsiasi questione attraverso un dialogo con gli Stati Uniti.
(di Emanuele Valenti)
La guerra in Ucraina è anche una manifestazione dello scontro tra Russia e Occidente. Le ultime parole di Putin, questo pomeriggio, in un discorso dedicato alla politica estera russa, lo hanno confermato.
Il presidente russo ha detto che la crisi in Ucraina è proprio colpa dell’Occidente e che la Russia non ha avuto alternative, e ha dovuto difendere e consolidare la sua sovranità. Il concetto non è nuovo. Nella sua narrazione ufficiale, lo sappiamo, Mosca non è l’aggressore che ha invaso il paese vicino, ma è l’aggredito che si sta semplicemente difendendo. O se vogliamo che si sta difendendo proteggendo il mondo russo, in questo caso il sud e l’est dell’Ucraina da secoli nell’orbita russa. Ma le parole di Putin arrivano in un momento particolare di questa crisi, nel quale la narrazione ufficiale russa sta alzando molto il livello dello scontro con l’Occidente. Non a caso il presidente russo ha detto che gli occidentali vogliono dominare il mondo, sottometterlo ai loro valori culturali e controllarlo dal punto di vista economico e finanziario. Il capo del Cremlino ha fatto esplicito riferimento ai vari continenti, insistendo soprattutto sull’Asia, come se volesse convincere gli altri paesi a mettere in piedi un fronte anti-occidentale o anti-americano.
“Noi avremmo voluto dei buoni rapporti con Stati Uniti e NATO, ma loro no. Hanno sempre puntato a sottometterci”. In un passaggio molto interessante Putin ha precisato che dal suo punto di vista ci sono due Occidenti. Uno tradizionale, cristiano, più vicino alla Russia. Un altro invece aggressivo e neocoloniale, strumento delle elite neoliberali. Un messaggio forse a certi settori conservatori europei e americani – ricordiamo che tra poco si vota negli Stati Uniti per il Congresso.
Quale la traduzione pratica di queste parole? L’escalation di Mosca rimarrà solo verbale? Oppure succederà qualcosa anche sul campo, a partire dall’Ucraina? Putin ha spiegato che il mondo sta vivendo il periodo più instabile e imprevedibile dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e ha ribadito che il governo ucraino sta lavorando a una bomba sporca, precisando che la dottrina nucleare russa prevede l’utilizzo di armi atomiche solo come estrema difesa. Parole che lasciano aperta ogni opzione. Oggi il ministero degli esteri russo ha minacciato per esempio di colpire i satelliti occidentali utilizzati dagli ucraini durante la guerra. Putin ha detto di essere pronto a riprendere il dialogo sugli armamenti nucleari, ma non è chiaro a quali condizioni. La Casa Bianca ha subito escluso un incontro con Biden in occasione del prossimo G20, a novembre a Bali, in Indonesia. Le parti rimangono molto lontane. Non è il momento del dialogo. C’è spazio per provocazioni o per errori di calcolo, che all’interno di un clima di totale sfiducia potrebbero avere sviluppi imprevedibili.