La mancata firma della dichiarazione a favore della Corte Penale Internazionale, contro le sanzioni alla Corte decise da Trump, mette l’Italia in aperto conflitto con l’Unione Europea. Quella mancata firma segna una distanza politica e ideologica che il governo italiano si preoccupa sempre meno di mascherare. A Palazzo Chigi la strategia è quella di ingraziarsi il più possibile gli Stati Uniti di Trump, magari con l’ambizione di poter fare da mediatori tra Washington e i paesi europei. Una strategia che non tiene conto di due fattori: il primo è che di avere mediatori attorno a Trump interessa zero, e la seconda è che a Parigi, a Berlino, nelle altre capitali che contano questo buttarsi di Meloni nelle braccia di Trump piace per nulla.
Meloni non ha sufficiente credibilità, il suo comportamento è visto come quello del furbo che cerca di fregare gli altri legandosi al più forte. Salvini ha evocato scenari di lotte intestine parlando di scontri tra servizi segreti per descrivere gli ultimi casi che hanno visto implicata l’intelligence, da Almasri allo spionaggio di giornalisti e Ong. Lotte solo italiane? O pensa a interessi stranieri? Un componente del governo dovrebbe contribuire a fare chiarezza, non il contrario. Salvini è uno che sta con la destra più radicale d’Europa, che è amico di Putin, che l’Unione Europea vorrebbe distruggerla, che soffre Meloni perché gli sta asciugando la base elettorale, che deve fronteggiare una fronda nel suo partito che potrebbe esplodere se perdesse certe roccaforti come il Veneto, che da ministro dei Trasporti è un fallimento. E’ il vero soggetto debole su cui puntare per giocare contro il governo Meloni. Se uno scontro in questo momento è evidente è tra interessi: quelli degli Usa di Trump, quelli della Russia di Putin, quelli dell’Europa che prova a preservare una sua autonomia e a non farsi triturare.
La collocazione naturale dell’Italia dovrebbe essere con l’Europa. Ma così non appare. Chissà che non sia questa una chiave di lettura.