Le premesse del disagio Tuareg vengono da lontano, fin dai guasti prodotti dalla colonizzazione francese, che tracciò delle linee di demarcazione lì dove per i nomadi c’era un immenso spazio senza confini. Diventato indipendente nel 1960, già al principio del decennio il Mali non trovò di meglio per affrontare le rivendicazioni Tuareg che una sanguinosa repressione. Cominciò così, anche per i Tuareg di altri paesi, dove scoppiarono conflitti analoghi, una storia di esilio che si è prolungata fino ad oggi. Nel 1963, a quattro anni, Ibrahim ag Alhabib, poi fondatore e figura carismatica dei Tinariwen, vide uccidere il padre durante la ribellione Tuareg. Crebbe poi nei campi profughi nel sud dell’Algeria. La modernizzazione della musica Tuareg, con al centro l’adozione negli anni Ottanta della chitarra, prima acustica e poi anche elettrica, è nata proprio nei campi dei rifugiati Tuareg in Algeria e in quelli in Libia, dove ai nomadi veniva impartito anche l’addestramento militare per prepararsi alla lotta armata. A Tamanrasset, in Algeria, Ibrahim ag Alhabib ricevette una chitarra acustica e incontrò altri musicisti Tuareg provenienti dal Mali. I Tinariwen nacquero nei primi anni Ottanta in Libia, per l’esattezza a Tripoli. Nell’85, il gruppo si spostò in un campo libico chiamato Min Maris, 2 marzo. Da lì, su cassette, cominciarono ad irradiarsi nel mondo dei nomadi del Sahara le loro canzoni, che fondevano la nuova estetica musicale Tuareg, di cui i Tinariwen erano i battistrada, e istanze rivendicative e identitarie. Nel 1990 scoppiò una nuova rivolta Tuareg e diversi membri della band, tra cui Ibrahim ag Alhabib, imbracciarono le armi. Nel gennaio del 1991 fu firmato un accordo di pace e i Tinariwen decisero di dedicarsi completamente alla musica. Nello stesso anno, in uno studio ad Abidjan, in Costa d’Avorio, incisero Kel Tinariwen, la loro prima cassetta ufficiale, uscita l’anno seguente. All’inizio del nuovo millennio cominciò il loro decollo internazionale, che ha dato il via all’affermazione del filone del blues rock Tuareg: da un quarto di secolo, uno dei fenomeni più consistenti e duraturi nell’ambito della world music. Dopo una lunga tournée mondiale, che ha fatto seguito all’uscita nel 2023 del loro album Amatssou, adesso i Tinariwen pubblicano Idrache, una raccolta di inediti risalenti al 2002-2008, costituita da demo poi elaborati nei loro album e da quattro pezzi mai pubblicati. Con chitarre acustiche o elettriche, sono brani spogli, senza fronzoli, che ci portano nella dimensione intima della musica fatta nella tenda di un accampamento di nomadi o in un campo di rifugiati, e in cui ritroviamo l’essenza dell’estetica di Tinariwen e anche l’essenza del suo fascino, un’essenza che ha retto benissimo l’innesto di elementi moderni e il rapporto con i produttori e il mondo discografico del nord del mondo, grazie al background di una identità profonda e della dura storia che abbiamo richiamato. Una storia che continua ad essere anche un presente, data la pesante situazione di conflitto e l’attività jihadista nel nord del Mali. I Tinariwen sono costretti a vivere nel sud dell’Algeria. Intanto, le aspirazioni Tuareg in Mali, come negli altri paesi, continuano a non essere soddisfatte. Idrache si apre proprio con la storia, la più drammatica, con un demo di Soixante Trois, brano poi inserito nell’album Aman Iman del 2007, che si riferisce alla ribellione Tuareg del ’63, in cui morì il padre di Ibrahim ag Alhabib. Il ’63 è passato, ma tornerà: quel tempo ci ha lasciato dei ricordi.
Idrache, il nuovo album di inediti della band tuareg Tinariwen
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Autore articolo
Marcello Lorrai