Alzatevi e rivoltatevi, fratelli!
Il governo se ne deve andare! […]
Non sono una pecorella, e non ho bisogno di un pastore.
Sono un essere umano e dispongo di me stesso, perché la mia mente è consapevole.
Sono alcune delle parole del remake della canzone più potente e politica di Fela Kuti, ‘Zombie”. Le hanno scritte un gruppo di musicisti, cantanti e rappers provenienti da dodici Paesi, in gran parte paesi arabi. Uno è stato picchiato, un altro imprigionato, due sono scampati all’assedio del campo profughi di Yarmouk, tutti sono hanno dovuto affrontare idagini della polizia e la censura. Ma la loro musica non può essere fermata.
Il video della canzone “From Zombies to Revolutionaries” lo potete vedere qui.
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Contiene immagini tratte dai concerti di Fela Kuti, dalla vita quotidiana nella sua “repubblica di Kalakuta” e anche immagini in bianco e nero tratte dagli archivi coloniali francesi, italiani, inglesi e tedeschi. Ci sono filmati sui movimenti di lotta civile afroamericani e asiatici e sulla lotta per l’indipendenza. Le parole originali del testo di Fela Kuti criticano soldati e servi del potere che opprimono la propria gente in cieca obbedienza ai propri superiori. Sono state tradotte e parzialmente adattate ai contesti di provenienza degli artisti che fanno parte di questo nuovo progetto.
Fra questi, i più noti sono Ramy Essam, che mise in musica gli slogan della rivoluzione egiziana esibendosi in piazza Tahrir nel 2011 e fu poi picchiato dalla polizia; il rapper marocchino e arrivista El Haqed (alias L7a9ed, “l’arrabbiato”); l’egiziano Karim Rush, della leggendaria hip-hop crew Arabian Knightz; Salomè MC, la più nota rapper iraniana; il duo palestinese-siriano Refugees of Rap (rifugiati del rap), due artisti che sono riusciti a scappare dal campo profughi di Yarmouk, vicino a Damasco, e che ora vivono a Parigi. C’è anche Seun Kuti, uno dei figli di Fela, che ha proseguito il progetto della band Egypt 80.
Rispetto all’inglese usato da Fela nel testo originale – la lingua della Gran Bretagna, potenza coloniale in Nigeria fino al 1960 – il nuovo testo affianca strofe in arabo e in persiano. Il messaggio è che lo scontro che oppone Arabia Saudita ed Iran, per il controllo del Medio Oriente, non appartiene alla gente che vive e abita quelle terre. Lo scopo è quello di superare attraverso la musica le gabbie fisiche e mentali che costringono vite e coscienze. La musica diventa l’”arma del futuro” come lo era per Fela, in lotta contro il regime militare al potere in Nigeria negli anni ’70.
Tutti i musicisti che hanno lavorato a “From Zombies to Revolutionaries” hanno lasciato i loro Paesi a causa della guerra o della repressione politica, subita in prima persona o cresciuta attorno a loro. Così hanno registrato i testi separatamente, ognuno nel paese in cui ha trovato rifugio. I testi sono poi stati assemblati in Italia con la musica della band Voodoo Sound Club (Bologna) e con il supporto della banda degli Ottoni di Russi. Gli arrangiamenti sono di Riccardo Pittau ed Andrea Scardovi dello Studio Duna di Ravenna. La produzione è firmata da Anton Pukshansky (pluri-vincitore del premio Grammy), dal produttore italiano Andrea Deda, da Reda Zine (regista e musicista italo-marocchino) e dal chitarrista Mark LeVine.
Il gruppo ha potuto ricomporsi in Norvegia solo a lavoro finito. L’occasione è stata il Music Freedom Day, Forum mondiale contro la censura che colpisce la musica, organizzato dall’ong danese Freemuse e dalla neonata ong norvegese Safemuse. Entrambe si occupano della difesa dei diritti dei musicisti. Abbiamo chiesto a Reda Zine di raccontarci questo incontro.
Dopo aver collaborato a distanza, ognuno in un paese diverso, come è stato suonare tutti insieme?
“Abbiamo ricevuto con grande entusiasmo l’invito di Safemuse per dare un volto a questa produzione, durata più di un anno. Alcuni degli artisti avevano avuto diverse difficoltà al momento di registrare. Ramy Essam scappava dall’Egitto ed era richiedente asilo in Danimarca; il mio connazionale Mouad aveva scontato qualche mese in prigione dopo essersi visto annullare la presentazione del suo nuovo disco e il concerto che doveva fare a Casablanca. Era ormai di nuovo nel mirino. Tutto ciò rendeva il lavoro lentissimo.
Io collaboro con Freemuse dal 2005. Con loro ho conosciuto la neonata associazione Safemuse che si occupa, nello specifico, di artisti rifugiati, aiutandoli a ricostruirsi un percorso professionale. Jan Eriksen, il responsabile di Safemuse, ha impiegato 5 mesi di lavoro per vincere la sfida: farci incontrare, conoscere, darci la possibilità di lavorare in buone condizioni. A livello musicale i Voodoo Sound Club sono il migliore gruppo afrobeat, afrofunk, voodoojazz in Italia, un groove implacabile sotto tutte le latitudini. Aggiungi i fratelli siriani Jamous, i Refugees of Rap (che suoneranno a Roma il 19/03 e a Milano il 09/04) e la grande Salome MC…
Inoltre la sera del concerto, nella bellissima sala dell’Harstad Kulturhus, non c’era solo il pubblico norvegese e europeo. C’era anche un gruppo di ragazzi alloggiati un vicino centro di accoglienza, invitati dal sindaco: afghani, egiziani, sudanesi ed eritrei che erano molto contenti di sentirci vicini”.
Dopo Zombie, sono previsti altri re-make ispirati alla musica di Fela Kuti, sempre con la partecipazione di artisti e artiste africani e del Medio Oriente che considerano la musica un veicolo di coscienza, forza e rivoluzione: dal Marocco al Mali, dalla Nigeria all’Iran, dall’Egitto alla Palestina. Attualmente, stanno lavorando alle canzoni “No Agreement” (Nessun Accordo) e “Shakara”. Quest’ultima è stata registrata a Bamako a fine gennaio con i Songhoy Blues in occasione del Festival Accoustik di Bamako; è prodotta dal team Songhoy Blues, Mark LeVine, Manjul, Reda Zine e Anton Pukshansky. “Aspettiamo il sax di Femi Kuti questa volta per chiudere il brano” ci dice Reda. “Il processo di produzione e’ lento perchè oltre a i problemi elencati sopra, bisogna trovare i fondi. Il progetto è autofinanziato”.
Perché avete scelto di registrare in Mali?
“Timbouktou è sempre stata una Mecca della spiritualità e della musica nera. Ali Farka Toure o Boubacar Traore (Kar Kar) hanno fatto per la cultura contemporanea dell’Africa dell’Ovest molto più di tutte le riunione dei capi di stato africani. E’ una capitale storica ed è il cuore della black music. E come andare in Tennessee per registrare il blues, a New Orleans per il jazz o a Essaouira per incontrare i Gnawa. Inoltre chi si occupa di cultura e musica in Mali ha bisogno di sostegno e collaborazione, vista la situazione di insicurezza nel nord del paese. Inoltre, non si può lasciare il campo”.
Avete in progetto di suonare ancora insieme?
“Il feedback generale che abbiamo ricevuto è stato ottimo ovunque. I commenti da parte della famiglia Kuti e da parte del suo ex-manager Rikki Stein sono molto positivi. Mi sa che ci siamo meritati l’invito al mitico “Shrine” a Lagos per il prossimo Felebration. Abbiamo ricevuto delle proposte. Pensiamo che ci sia un grande bisogno di condividere le voci e le storie degli artisti. Perché la musica e l’arte sono le nostre uniche armi. Qui in Italia non ci sono problemi di censura. Ma gli artisti vivono una condizione precarietà strutturata. La famosa “violenza simbolica”, introdotta dal pensiero di Pierre Boudieu, nella quale siamo ma non siamo. Con il collettivo Music Freedom Day Italia*, abbiamo prodotto una carta intitolata “Carta dei Diritti Civili dell’Artista” (2014).
Riguardo a noi europei, qual è il vostro messaggio? Penso ad esempio ai muri eretti per impedire l’arrivo dei profughi, alle migliaia di morti in mare…
“Penso subito a quanto è difficile portare degli artisti del Sud del mondo qui in Europa, verso il Nord, ma anche dal Sud al Sud e dal Nord al Nord. Tanti eventi vengono cancellati all’ultimo momento per colpa di qualche permesso che manca. Per esempio, Mouad El Haqed è attualmente richiedente asilo in Belgio e per questo non poteva raggiungerci per l’evento in Norvegia. Ci sono i muri dell’agenzia Frontex, voluti dall’Unione Europea e pagati con le nostre tasse. Li mostriamo nei nostri video perché la quella della libertà di circolazione è una causa che avremo sempre a cuore: è garantita dalla carta dei Diritti dell’Uomo, ma non viene mai applicata. Anch’io ho sperimentato sulla mia pelle questi limiti, essendo marocchino.
Ma i muri non sono mai efficaci. Anche i sistemi più sofisticati hanno dei punti deboli e la forza di chi scappa dalla miseria o dalla guerra è più potente. E poi ci sono i muri mentali, quelli della disumanizzazione di chi è diverso. Lo straniero, l’africano, l’asiatico sono ormai considerati solo in modo stereotipato. Terroristi o beduini, ladri o stupratori. Nel nostro caso, la tv italiana ne porta esempi lampanti con dei format televisivi vergognosi e umilianti che, invece di dar voce alle tante storie e far luce su racconti anche positivi, ci fanno diventare tutti “mostri”. Ed è subito guerra tra poveri”.
(L’intervista è di Elena Zambelli)
Il testo originale della canzone “Zombie” di Fela Kuti
Zombie O Zombie (Zombie O Zombie)
Zombie no go go unless you tell am to go (Zombie) Zombie no go stop unless you tell am to stop (Zombie) Zombie no go turn unless you tell am to turn (Zombie) Zombie no go think unless you tell am to think (Zombie) Zombie O Zombie Zombie O Zombie
tell am to go straight – a joro jara joro no break no job no sense a joro jara joro tell am to go kill – a joro jara joro no break no job no sense a joro jara joro tell am to go quench – a joro jara joro no break no job no sense a joro jara joro
go and kill (joro jara joro) go and die (joro jara joro) go and quench (joro jara joro) put am for reverse (joro jara joro) go and quench (joro jara joro) go and kill (joro jara joro) go and die (joro jara joro) put am for reverse (joro jara joro) go and die (joro jara joro) go and quench (joro jara joro) go and kill (joro jara joro) put am for reverse (joro jara joro)
aaha
joro jara joro Zombie we na one way joro jara joro Zombie we na one way joro jara joro Zombie we na one way joro jara jorooooooooo oohh!
attention! (Zombie) quick march (Zombie) slow march (Zombie) left trun (Zombie) right turn (Zombie) about turn (Zombie) double up (Zombie) salute (Zombie) open your hat (Zombie) stand at ease (Zombie) fall in (Zombie) fall out (Zombie) fall down (Zombie) get ready (Zombie)