Soldi per mangiare.
La cautela e tutto il linguaggio inevitabilmente burocratico della politica non nascondono la sostanza di quanto detto ieri sera: alle persone stanno iniziando a mancare i soldi per mangiare e fare la spesa, e il Governo lo sa.
È la conferma che la situazione si sta facendo difficile soprattutto in alcune delle aree più povere del Paese. E che i tempi per un ritorno alla vita normale non saranno brevi. E che bisogna agire molto velocemente.
Prima che parlassero Conte e il Ministro dell’Economia, una fonte della maggioranza diceva a Radio Popolare “dobbiamo fare in fretta, entro i primi di aprile, perché se non arriviamo noi arrivano altri“.
C’è chi ha perso il lavoro, chi era precario, ci sono intere aree del Paese che vivono di economia sommersa. Senza tutele, le uniche reti rischiano di essere quella della criminalità.
E l’altro rischio è che l’angoscia e la paura si trasformino in rabbia e possano iniziare a farsi vedere, non più come episodi sporadici ma come qualcosa di più consistente. Perché c’è anche chi sta soffiando sul fuoco, chi aspetta di vedere cosa succede, chi sogna “rivolte nazionali” e lo scrive.
Nemmeno oggi la destra rinuncia alla polemica contro il Governo, nonostante quattro appelli all’unità da parte del Capo dello Stato in quattro settimane.
4 miliardi adesso ai Comuni, altri 6 per l’estensione del reddito di cittadinanza a breve anche se non lo si vuole chiamare così, anche per i precari e per chi non lavora regolarmente. Son dieci miliardi che si aggiungono a quelli già stanziati. E a quelli che dovranno arrivare.
L’Unione Europea dovrebbe dimostrare in questa circostanza di essere una potenza. Rischia purtroppo di essere un ostacolo. Anche questo va assolutamente evitato, perché c’è anzitutto una crisi devastante da affrontare. E perché se l’Europa fallisse si aprirebbe una grande opportunità per tutti quelli che puntano alle rivolte. Da noi e nel resto del continente.