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I russi tornano all’attacco in America

Donald Trump e Vladimir Putin

L’unanime consenso della comunità di intelligence degli Stati Uniti, reso pubblico un anno fa, ha stabilito senza ombra di dubbio che l’obiettivo principale degli attacchi informatici lanciati dagli hacker russi durante la campagna presidenziale americana 2016 era quello di far naufragare la candidata democratica Hillary Clinton, la superfavorita nei sondaggi, per aiutare ad eleggere Donald Trump.

A confermarlo ci ha pensato anche il procuratore speciale per le indagini sul Russiagate, Robert Mueller che il mese scorso ha incriminato 12 agenti dei servizi segreti russi, responsabili secondo il voluminoso dossier di prove raccolte dall’FBI, dell’hackeraggio contro i democratici. Secondo l’FBI le famigerate e-mail rubate alla campagna di Hillary sarebbero state inviate dagli hacker del Cremlino al fondatore di WikiLeaks Julian Assange, che le mise in rete dietro ordine di Putin per sabotare le chance di vittoria della prima candidata donna alla presidenza nella storia degli Stati Uniti. Gli stessi hacker sarebbero contemporaneamente entrati nei sistemi elettorali di numerosi stati, sempre nel 2016, manomettendo il risultato per far vincere Trump e i candidati repubblicani in lista con lui.

A rendere ancora più raccapricciante questo capitolo di storia americana recente è il fatto che gli hacker russi sono tornati alla carica per influenzare anche le elezioni congressuali di medio termine che si svolgeranno il prossimo 6 novembre. A lanciare l’allarme è Tom Burt, un alto dirigente di Microsoft che durante l’ultimo Forum sulla Sicurezza di Aspen ha rivelato come gli hacker russi si siano infiltrati nei siti web di tre politici in corsa a Novembre, tutti democratici,
avvalendosi di un falso sito Web Microsoft, detto phishing (dall’inglese fishing “pescare”).

Il Phishing è un’attività illegale che sfrutta una tecnica di ingegneria sociale: l’hacker effettua un invio massiccio di messaggi di posta elettronica che imitano, nell’aspetto e nel contenuto, messaggi legittimi di enti affidabili; tali messaggi fraudolenti richiedono di fornire informazioni riservate come, ad esempio, il numero della carta di credito o la password per accedere ad un determinato servizio e tentano di scaricare malware sui computer hackerati.

È la stessa tecnica usata dai russi nel 2016 per ingannare i collaboratori di Hillary, convincendoli a fornir loro codici di accesso con cui sono poi entrati nei siti del partito democratico e hanno fatto razzia. Per fortuna questo ultimo sito web di phishing è stato rimosso e Microsoft ha rassicurato gli americani che la compagnia sta collaborando con l’FBI per evitare nuovi attacchi. “Ci hanno provato”, ha detto Microsoft, “ma non hanno avuto successo“.

Ciò non significa che l’allarme sia rientrato. Almeno due candidati democratici alle elezioni del prossimo novembre, uno in Florida e l’altra in Missouri, hanno subito incursioni digitali che l’FBI ha ricondotto ad hacker russi. E se non bastasse l’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, ha messo in guardia da nuovi tentativi di hacking in corso sulle varie piattaforme di social media alla vigilia di queste elezioni.

Il grido d’allarme dei tycoon di Sylicon Valley contrasta con le dichiarazioni del presidente americano che durante il vertice di Helsinki con il presidente russo Putin, ha scatenato un putiferio intercontinentale affermano di “non vedere alcun motivo per cui sarebbe stata la Russia” ad hackerare le elezioni del 2016. Trump è stato costretto a fare marcia indietro anche se ha poi affermato che “la Russia oggi non sta più prendendo di mira gli Stati Uniti”, in aperta contraddizione con la tesi di Microsoft, Facebook e dei leader dei Servizi Segreti americani.

Proprio questi ultimi, insieme ai vertici del partito repubblicano, avrebbero fatto pressione per convincere il presidente a rimandare la visita di stato di Putin in America, prevista per quest’autunno. Ricevere lo zar russo alla Casa Bianca alla soglia delle elezioni avrebbe inviato agli elettori un messaggio chiarissimo e insieme pericoloso: Trump e i repubblicani ti ringraziano per averli portati al potere. Molti democratici, che ritengono questo presidente e Congresso repubblicano illegittimi, hanno aspramente criticato la decisione della Casa Bianca di eliminare la posizione di zar per la cybersicurezza. Una mossa inspiegabile che ha lasciato il paese più vulnerabile che mai in uno dei momenti più critici della sua storia.

Ad affrontare questi ed altri temi spinosi è l’ultimo best-seller uscito in America, “I Trump e i Putin, storia inedita di Donald Trump e della Mafia russa” di Craig Unger secondo cui le identiche aspirazioni dittatoriali di Putin e Trump non sono l’unico collante tra il presidente russo e quello americano. “Da ormai 30 anni la mafia russa vicina a Putin usa l’impero immobiliare di Trump per riciclare il suo denaro sporco”, si legge nel libro, secondo cui senza l’aiuto determinante della mafia russa Trump non sarebbe mai arrivato alla Casa Bianca.

Donald Trump e Vladimir Putin
Foto dalla pagina FB della White House https://www.facebook.com/WhiteHouse/
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    Alessandra Farkas
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    L’ultima volta era successo 22 anni fa. Il Comune di Milano oggi ha consegnato le prime cinque nuove licenze per taxi. Nei prossimi mesi le nuove abilitazioni arriveranno a 336, per effetto del bando di marzo dell’anno scorso per 450 licenze. L’amministrazione comunale ha l’obiettivo di arrivare a circa mille nuovi permessi in città. Per questo ha dichiarato che porterà avanti la richiesta di altre autorizzazioni anche con Regione Lombardia. Stamattina c’è stata una piccola cerimonia di consegna a palazzo Marino: tre nuove licenze sono ordinarie, due per il servizio notturno. “Lavorare di notte mi preoccupa un po’ per quello che sta succedendo in città a livello di sicurezza, ma il trasporto pubblico ha bisogno di taxi soprattutto nella fascia serale” ha detto Matteo Grappoli, uno dei tassisti che ha ricevuto la licenza, nell'intervista fatta da Luca Parena.

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    Esteri di giovedì 23/01/2025

    1) “Ora tocca alla Cisgiordania”. L’esercito israeliano annuncia l’ampliamento dell’operazione militare su Jenin, mentre le famiglie vengono costrette all’evacuazione e il campo profughi della città inizia ad assomigliare sempre più alla striscia di Gaza. (Ahmad Odeh da Jenin) 2) Stati Uniti. I Proud Boys sono pronti a tornare e vogliono vendetta. I leader del gruppo di estrema destra appena rilasciati dal carcere dalla grazia di Trump chiedono al presidente una rivincita. (Roberto Festa) 3) Colombia, crolla il piano di pace del presidente Petro. Nel paese riscoppia la guerriglia per il controllo del narcotraffico. (Eleonora Cormaci - Terres des Hommes) 4) Il divorzio per violazione del dovere coniugale non esiste. La Francia condannata dalla Cedu. (Francesco Giorgini) 5) La dittatura Brasiliana, l’occupazione israeliana in Cisgiordania e la storia di Emilia Perez, narcotrafficante transgender. Le nomination per gli Oscar 2025 vanno contro corrente. (Mauro Gervasini - Film TV) 6) World Music. Il saxofonista Haitiano Jowee Omicil lancia il suo nuovo album puntando sui podcast. (Marcello Lorrai)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Oggi a Jack, Matteo Villaci e Luca Santoro hanno parlato di JPEGMafia e del suo concerto di ieri sera all'Alcatraz di Milano. JPEGMafia, pseudonimo di Barrington DeVaughn Hendricks, è un rapper americano sperimentale dai molteplici talenti, produttore, interprete e leader della scena rap underground.

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