Dallo sbarco degli americani con il termine della Seconda Guerra Mondiale, fino agli anni della Strategia della Tensione. Licio Gelli si porterà nella tomba i segreti dell’Italia della Prima Repubblica, di cui è uno dei più grandi protagonisti. Sandra Bonsanti l’ha inseguito per 40 anni, come cronista di Epoca, Panorama, Il Giorno di Gaetano Afeltra e La Stampa di Giorgio Fattori. Nel 1981, quando viene ritrovata la lista dei piduisti, firma il contratto con Repubblica.
Chi era Licio Gelli? “Fu un alleato della destra americana – risponde ai microfoni di Radio Popolare -. Faceva parte di chi voleva evitare che l’Italia finisse sotto l‘influenza sovietica”. Con metodi leciti ed illeciti. Licio Gelli sa chi sapeva. Conosce i nomi dei pezzi delle istituzioni che hanno ordito la Strategia della Tensione.
La P2, prosegue Bonsanti, “è stato uno strumento di indirizzo del potere e di occupazione del potere dall’interno”. L’obiettivo era ribaltare la Costituzione figlia della Resistenza direttamente dalla stanza dei bottoni, dopo il fallimento dei tentativi per mano violenta. Il dossier di Piano Rinascita – si racconta – arrivò fino alla scrivania di Giovanni Leone. Che per fortuna si fermò. La vecchia strategia dell’eversione violenta, rozza e sulla via del declino, stava lasciando il posto a una nuova strategia, che passava per gli uomini interni alle istituzioni.
Licio Gelli era un fascista noto in Toscana: “Sono nato fascista e morirò fascista”, diceva. Partì volontario in Spagna e tra il ’40 e il ’42 si mosse tra esercito e paracadusti. Tutti conoscevano la sua appartenenza a Pistoia, la sua città, tanto che si dovette spostare nell’aretino, dove ha sede anche Villa Wanda, la casa intitolata alla prima moglie. Negli anni del dopoguerra strinse accordi commerciali che lo legarono in particolare al Sudamerica. “Conosceva bene l’ammiraglio Massera e lo invitò anche in Italia”, ricorda Bonsanti.
Nella Democrazia Cristiana aveva gli amici più vicini. “La conoscenza con Giulio Andreotti era molto profonda, anche all’interno del partito si parlava della loro vicinanza”. Qualcuno ha preso il suo posto? Difficile dirlo. L’uomo che più si avvicina a quel profilo è il faccendiere Luigi Bisignani, che all’epoca “andava tutte le mattine a leggere il giornale a Gelli”.
Certo gli anni di Gelli non sono del tutto archiviati. “C’è una continuità anche oggi con un vecchio progetto di destra che non è una novità – continua la giornalista -. Gelli lo raccontò bene nel 1980 a Maurizio Costanzo in un’intervista al Corriere della sera. Gelli parlò da padrone, con tutti i pezzi grossi del Corriere iscritti alla P2”. Il peogramma? Archiviare la Costituzione figlia della Resistenza e svoltare l’Italia in una Repubblica presidenziale, tipo Francia di Charles De Gaulle.
Ascolta l’intervista integrale a cura di Michele Migone