Mauro Pallotta, nome d’arte Maupal, si definisce un pittore prestato alla strada, alla Street Art. E’ conosciuto a livello internazionale per aver disegnato papa Francesco come un supereroe, o meglio, come il Super Pope. Tra i suoi manifesti-murales più noti: il Salvadanaio rotto, messo illegalmente sulla vetrata di una banca nel centro di Bruxelles; la Regina Elisabetta che fa yoga, sui muri di Londra; la Lupa di Roma, con Romolo e Remo che se ne vanno, che emigrano.
In questi giorni è diventato virale sui social media il murale del papa che gioca a “tris”, con una guardia svizzera che fa il palo, un disegno cancellato dai muri di Roma, in nome del decoro. Una decisione che ha scatenato molte proteste. Maupal ha commentato: “Con quel murales volevo rappresentare l’unica via indicata dal papa: la pace”.
Lei come si definirebbe?
“Un pittore prestato alla strada, un artista urbano”.
Perché ha scelto la strada?
“Continuo comunque a esporre in musei e gallerie. Penso però che l’arte è un linguaggio e quindi andrebbe usato per un numero di persone più alto possibile, da qui la mia scelta della strada. L’attuale crisi socio-economica che stiamo vivendo mi ha ispirato ad avvicinarmi alla Street Art. Volevo far interagire le persone con l’arte, senza che fossero costrette a comprare un ticket di un museo”.
Quali tecniche usa?
“Uso varie tecniche. L’ultima che ho utilizzato, quella per fare papa Francesco, si chiama stick art, nel mondo della street art,e consiste in poster incollati sul muro, dopo averli dipinti su carta. Uso materiale ecologico”.
Qual è l’opera recente a cui è più affezionato?
“Quella che sono riuscito ad attaccare, in modo illegale, su una banca in pieno centro a Bruxelles, in cui rappresentavo un salvadanaio rotto, vuoto. Il salvadanaio aveva la forma dell’Europa”.
Che messaggio voleva mandare?
“Le crepe di quel salvadanaio sono quelle dell”Europa, che sta diventando un contenitore rotto, vuoto, sia economicamente sia a livello di valori. E quindi bisogna cambiare”.
Veniamo al suo murale di Roma in cui il papa gioca a “tris” e vince usando al posto dei tradizionali pallini il simbolo della pace. Il tutto mentre una guardia svizzera gli fa da palo. E’ stato cancellato dal muro, scatenando molte polemiche. Lei cosa dice?
“Non è ancora chiaro chi sia stato a cancellarlo, il Comune si è tirato fuori, e c’è una diatriba tra istituzioni. Vedremo”.
Che cosa ha voluto dire con questo murale, che è diventato virale sui social?
“Un messaggio chiaro: la pace è l’unica via e ho disegnato il papa che indica questa strada a tutta l’umanità, e lo fa tra mille difficoltà. Infatti lo rappresento su una scaletta in cima, ma non dalla parte dei gradini. In cima il papa si allunga per arrivare a questo tris, per raggiungere la pace, per indicare la via. E siccome parlare di pace sembra diventato proibitivo, ho aggiunto una guardia svizzera che fa da palo a Francesco”.
E’ rimasto male, dopo che ha saputo che questo suo ritratto del papa è stato cancellato?
“Ma guardi, quando fai street art, sai già che le tue opere spesso durano poco”.
Lei è diventato famoso in tutto il mondo per un altro poster-murale: il Super Pope Francesco. Una sorta di supereroe come quelli della Marvel Comics. Che cosa ha voluto dire con quel disegno?
“Ho apparentemente rappresentato papa Francesco come un super eroe dai poteri speciali, ma se lo si osserva bene, porta con sé vari elementi che riconducono alla sua umiltà e alla sua grande umanità. Basterebbe vedere gli occhiali, la pancetta e la sciarpetta della sua squadra del cuore per capire a fondo quell’opera. Detto questo ho voluto rappresentare una persona che si batte con ostinazione, tra molte difficoltà, per il bene collettivo”.
Le reazioni?
“L’immagine del Pope fu twittata da Vatican Communications. E nel giro di due ore ebbe 200mila follower nel mondo”.
Lei è molto attento al sociale. Ho visto un suo lavoro in cui rappresenta la Lupa di Roma, con Romolo e Remo che se vanno con una valigia. Che cosa ha voluto dire?
“Romolo e Remo rappresentano, nel disegno, i giovani che se ne vanno, costretti dalla mancanza di lavoro. Il problema dell’assenza di certezze, di lavoro è drammatico, non solo per i giovani. Mi aveva colpito anche la vicenda degli esodati”.
Un’altra sua opera riguarda la speranza, i sogni…
“Sì, speranza e sogni, ancora di più oggi, non possono essere, non devono essere intrappolati, incarcerati. E cosi ho rappresentato il mio pensiero nell’immagine, in quel poster che ho messo sul muro”.
Dei suoi lavori all’estero, ne ricorda qualcuno in particolare?
“Sì, oltre a quello di Bruxelles che le dicevo, ricordo volentieri quello di Londra in cui rappresento la Regina Elisabetta che lievita sui fumi del tè, facendo yoga. Era il periodo del referendum scozzese per uscire dalla Gran Bretagna”.
L’hanno chiamata il Banksy italiano. Lei cosa dice?
“Io continuo a vivere la mia vita come se nulla fosse, non mi sento né come l’artista inglese Banksy, né come nessun altro. Vado avanti per la mia strada, anche perché è l’unica che conosco e della quale mi fido”.