Come si monetizza un diritto. La nuova fase della pandemia è una gallina dalle uova d’oro per la sanità privata. Tamponi, sierologici, test rapidi, certificati: il mercato si è rapidamente allargato per far fronte ad alcune esigenze, che siano necessarie od indotte. Come quella di potersi spostare in mancanza di una vaccinazione, o sapere il livello di anticorpi prima di fare un tampone.
Impossibile avere una stima di quale sia il giro d’affari per la sanità privata. Ma partiamo da un dato. Secondo l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma, il costo medio nazionale di un tampone per la sanità pubblica è di 59 euro, con enorme differenze regionali. Nel privato, secondo un’analisi di Altroconsumo, su 150 strutture di sei regioni il costo medio per un cittadino è di 94 euro, con un minimo di 65 euro fino a punte di 150 o 200 euro a tampone. Un guadagno ipotetico di di 35 euro a tampone. Ipotizzando 30.000 tamponi volontari al giorno, il profitto sarebbe di un milione. 30 milioni al mese. 365 milioni all’anno. In farmacia il costo medio di un test rapido è tra 20 e 30 euro, ma l’affidabilità è anche più scarsa.
In sintesi il diritto di muoversi, senza particolari garanzie sanitarie, costa al cittadino tra i 20 ed i 200 euro. Per avere il Green Pass, per chi è guarito, serve il certificato di guarigione. Ma qui si va in ordine sparso. Molti medici di base non hanno problemi a farlo ai propri pazienti, ma altri lo considerano fuori dalla convenzione col servizio sanitario nazionale. E chiedono tra i 50 ed i 100 euro.
L’ultimo businness è quello dei test sierologici per sapere quanti anticorpi abbiamo. Un rapido giro tra le principali cliniche di Milano mostra una forchetta di costo tra i 40 ed i 60 euro. Ma la spesa serve? La dottoressa Renata Gili, ricercatrice della Fondazione Gimbe e vaccinatrice, spiega che è una spesa inutile: “Non esiste un “troppi anticorpi” spiega Gili, “e non è neppure un parametro per decidere se fare un vaccino od un altro o quante dosi. Lo decidono le linee guida”.
Insomma, una spesa del tutto inutile. Eppure gruppo privato importante come il Gruppo San Donato, sul suo sito, tra le cautele del caso scrive una frase ambigua: “Se il nostro valore di anticorpi è superiore al cut-off, non abbiamo – in quel momento – necessità di sottoporci a un richiamo di vaccino”. Come ad indicare un legame tra il valore e la scelta vaccinale, per alimentare la decisione di spendere qualche decina di euro per il test. “Pubblicità ingannevole” chiosa il medico e nostro collaboratore Vittorio Agnoletto.