Seveso 1976. Uno dei più gravi disastri della storia industriale italiana: l’incidente alla fabbrica chimica Icmesa. Ma il ‘76 si puo anche considerare l’«anno zero» dei traffici di rifiuti in Italia. Ancora oggi, 40 anni dopo, il fantasma di Seveso fa parte della storia sommersa del nostro Paese: dove sono finiti i rifiuti con la diossina dell’Icmesa, uno dei veleni più potenti prodotti dall’uomo? E che cosa sono diventate le aree, i terreni dove si posò la nube contaminata?
Andrea Tornago incontra anzitutto, a Mantova, l’ingegner Paolo Rabitti consulente delle Procure nei principali processi sui disastri ambientali, autore del libro Diossina. La verità nascosta (Feltrinelli, 2012). Rabitti parla della sua ipotesi che i rifiuti “tossico-nocivi” di Seveso non siano stati smaltiti in Francia, secondo la versione ufficiale, ma piuttosto inceneriti a Mantova, in una struttura che era allora la più moderna in Europa – e proprio nella zona di Mantova si è riscontrato, spiega Rabitti, un aumento nei casi di sarcoma.
Dopo Mantova, Tornago va al confine tra Seveso e Meda, sui luoghi della ex-Zona A del disastro Icmesa: quella che allora era quella a più alta contaminazione da Tcdd, il Tetracloro-dibenzo-p-diossina, la diossina di Seveso. Gli ambientalisti del Coordinamento “Insieme in Rete” raccontano che dove è caduta la nube tossica si pensa oggi a progettare l’autostrada Pedemontana, che arriva a toccare addirittura le vasche dove è stata smaltita parte della diossina. In un’area poco lontana, la giunta di Meda, un monocolore Pd, ha approvato la costruzione di un centro commerciale e di un albergo.
Ascolta il reportage di Andrea Tornago Il fantasma di Seveso
Il fantasma di Seveso – Radiopop – Candide