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I destini incrociati di referendum e Italicum

Si fa sempre più serrata la discussione sul referendum costituzionale. E’ intervenuto anche il capo dello Stato in risposta alle considerazioni dell’ambasciatore americano sulla necessità di votare sì. Mattarella chiede di vivere serenamente questa campagna, “sapendo che la sovranità resta solo degli elettori.”

Il paradosso però è che al momento non c’è ancora una data: non si sa ancora quando si andrà a votare per il Si o per il No. I presidenti dei comitati per il No hanno chiesto congiuntamente al governo di fissare una data, sottolineando l’atteggiamento ondivago di Palazzo Chigi, dovuto, a loro parere, al rischio di perdere il referendum. Ma né Boschi né Renzi si sono ancora pronunciati.

E’ stato invece fissato il giorno in cui si discuterà alla Camera dei Deputati una mozione della sinistra che impegna il governo a modificare l’Italicum, la legge elettorale, considerata sbagliata da molti, anche da chi allora l’aveva votata, per diversi aspetti: tra i più importanti, il premio di maggioranza troppo forte, sproporzionato rispetto alle percentuali dei voti con cui si arriverebbe al ballottaggio. Il 21 settembre la mozione si discuterà in Parlamento, il giorno prima il Pd dovrà prendere una posizione comune su questo tema.

Renzi continua a ripetere di essere disponibile a modifiche della legge elettorale, senza entrare troppo nei dettagli e questo non basta alla minoranza del partito.

Ma l’Italicum è sul tavolo anche della Consulta, che il 4 ottobre deve pronunciarsi sulla sua costituzionalità. Una legge che era considerata perfetta dalla maggioranza quando fu votata, ora vive il paradosso di essere difesa solo da chi l’attaccava, i Cinque stelle. Troppo dibattito intorno a questo tema, ed è per questo che lo stesso giudice emerito della Consulta, Sabino Cassese ipotizza un rinvio a dopo il referendum. Fu fatto altre volte, spiega Cassese, “per evitare accuse alla Corte di entrare nell’arena politica e di sostituirsi al legislatore”.

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    Anna Bredice
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