Questa mattina gli attivisti di Greenpeace sono andati nel quartier generale della Siemens, a Milano, per chiedere all’azienda di non partecipare alla costruzione di una mega diga idroelettrica nella foresta amazzonica brasiliana.
Alcuni attivisti sono saliti sul tetto dell’edificio vestiti da animali e alberi della foresta, altri hanno suonato strumenti a percussione per far sentire alla Siemens il cuore pulsante dell’Amazzonia.
Lo scorso maggio, Greenpeace aveva già chiesto all’azienda di dissociarsi pubblicamente, come ha fatto Enel, dal progetto di costruzione della diga idroelettrica di São Luiz do Tapajós. Non avendo ricevuto alcuna risposta, oggi Greenpeace ha deciso di entrare in azione.
Durante il blitz, gli attivisti hanno mostrato le foto della devastazione causata dalla diga di Belo Monte, in costruzione nello Stato del Parà, dove ora si vorrebbe costruire questa nuova mega diga.
Come nel caso di Belo Monte, il progetto idroelettrico di São Luiz do Tapajós avrà un fortissimo impatto sulla foresta amazzonica e sulle condizioni di vita di migliaia di persone, tra cui 12 mila indigeni Munduruku che si oppongono alla costruzione di questa diga e non sarebbero nemmeno stati consultati, nonostante sia previsto dalla “Convenzione ILO 169 su Popoli indigeni e tribali” e dalla stessa Costituzione brasiliana.
“Chiediamo a Siemens di escludere ogni coinvolgimento nella costruzione della diga idroelettrica di São Luiz do Tapajós e di prendere pubblicamente posizione contro la distruzione della foresta amazzonica”, ha detto Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia.
“Siemens non deve ripetere l’errore commesso con Belo Monte e includere la protezione delle foreste nel proprio innovativo portafoglio ambientale. Sviluppare soluzioni capaci sfruttare il potenziale dell’energia solare ed eolica del Brasile sarebbe una soluzione molto più sostenibile” conclude Borghi.
Se anche voi volete farvi sentire e volete difendere uno degli ultimi polmoni del pianeta, aderite all’iniziativa di Greenpeace, cliccate qui.
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