- Play
- Tratto dal podcast Cultura |
Chinamen, la graphic novel sulla Chinatown di Milano firmata da Ciaj Rocchi e Matteo Damonte, si prepara a sbarcare in Cina con un’edizione localizzata dall’editore cinese DangDang a tre anni dalla sua uscita in Italia.
In questi tre anni Chinamen è diventato un progetto molto più ampio rispetto all’operazione di partenza. E per parlarci di cosa è accaduto dal lancio di Chinamen in Italia abbiamo chiamato direttamente la co-autrice Ciaj Rocchi.
L’intervista di Ira Rubini a Cult.
Nel 2017 Chinamen non è stato soltanto un fumetto, ma anche una mostra e un documentario a disegni animati. Il Comune di Milano e il Mudec, che ogni anno dedicano una retrospettiva ad una delle sue comunità immigrate, nel 2017 scelse proprio la Cina. A distanza di tre anni sono molte le realtà che hanno contribuito al successo e alla diffusione di questa vicenda e, in occasione della pubblicazione in lingua cinese, abbiamo deciso di trovarci tutti insieme al Mudec il 30 gennaio per festeggiare questo grande successo in occasione del Capodanno Cinese.
Insieme a noi ci saranno l’assessore Filippo Del Corno, che aprirà l’evento, ma anche realtà come l’Istituto Confucio o la Fondazione Italia Cina che in questi anni ci hanno molto sostenuto anche invitandoci a numerosi eventi da loro organizzati. L’intero evento sarà tradotto in lingua cinese da parte di un gruppo di ragazzi dell’associazione studentesca della Cattolica e avrà una doppia conduzione: metà italiana e metà cinese.
L’evento è molto importante anche alla luce del virus che si sta diffondendo in Cina. È importante vedersi e stare insieme.
Sì, tra l’altro la comunità cinese di Milano ha deciso di non fare la tradizionale parata per il capodanno cinese e devolvere i fondi all’emergenza di Wuhan. Ed è vero che diventa ancora più importante incontrarsi e stare insieme in un momento come questo.
Bisogna stare molto attenti a non far partire quel comportamento razzista per cui siccome si tratta di un virus cinese ce la prendiamo con i cinesi. Mi viene in mente la coppia di cinese a cui hanno sputato addosso a Venezia. In questi momenti diventa importante rendersi conto che la Cina è in Cina e che i cinesi che sono in Italia sono italiani come noi. Siamo tutti uguali e tutti sulla stessa barca.
Che cosa racconta Chinamen?
Io e Matteo negli ultimi cinque anni ci siamo dedicati alla storia della migrazione cinese in Italia perché Matteo, come molti sanno, è erede diretto di questo retaggio storico.
La storia dei cinesi nella nostra città inizia nel 1926, quando un piccolo gruppo di cinesi provenienti dal Jijiang, nel sud della Cina, arriva in Italia e, nonostante le numerose difficoltà legate anche al fatto che ci trovavamo in pieno fascismo, decide di fermarsi qui. Sono venditori ambulanti di collane di perle false che si trovano già in Europa da qualche tempo. Arrivano tutti dalla stessa parte della Cina, una piccola area di 50 chilometri quadrati che si sviluppa lungo le valli che costeggiando le sponde del fiume nella zona che oggi identifichiamo come il distretto di Guangdong.
Il tratto caratteristico di questi cinesi è che sono tutti uomini. Già all’inizio degli anni ’30 cominciano a sposare donne italiane e dare vita alle prime famiglie miste. L’apporto delle donne italiane è fondamentale nella vicenda di questi migranti, perché le donne portano in dote non solo una rete di relazioni che permette a questi cinesi di inserirsi perfettamente nel tessuto sociale, ma anche tutta una serie di competenze tecniche, soprattutto per quanto riguarda il taglio e il cucito, che permette a questi cinesi di trasformarsi da venditori ambulanti a proprietari veri e propri di laboratori di cravatte e pelletteria. Da lì il libro racconta come si evolve la nostra Chinatown e la nostra città. Il nostro obiettivo era far capire che la storia dei cinesi in Italia in realtà è la storia di noi italiani, è la storia di tutte le nostre città.
L’appuntamento con l’evento per festeggiare l’uscita di Chinamen in Cina è per il 30 gennaio 2020 alle 18.00 presso l’auditorium Mudec in via Tortona 56.