Una stagione elettorale senza precedenti in Europa. Nel giro di cinque mesi andranno al voto i principali paesi del continente. La Francia (domenica prossima, per il primo turno delle presidenziali), la Germania (24 settembre) e ora anche la Gran Bretagna, l’8 giugno. Resta poi l’incognita dell’Italia, dove al più tardi si andrà ad elezioni nel febbraio del 2018.
L’ultima ad aggiungersi a questa lista è stata la Gran Bretagna, con la prima ministra conservatrice Theresa May che ieri ha proposto a sorpresa la data dell’8 giugno per il voto anticipato, tre anni prima rispetto alla scadenza naturale della legislatura nel 2020.
Un annuncio che ha scioccato la Gran Bretagna, ha scritto questa mattina l’Independent. Ed è stato una sorpresa perché Theresa May si è sempre detta contraria alle elezioni anticipate. Sia dopo il referendum sulla Brexit un anno fa, sia dopo le dimissioni di Cameron (luglio 2016) che durante tutti i mesi successivi.
Una posizione ripetuta come un mantra – ha scritto questa mattina il Guardian – fino ad un mese fa, quando alcuni big del partito conservatore, come il leader dei Tory in parlamento William Hague, hanno chiesto esplicitamente un voto anticipato. Il governo May, anche in questa occasione, si è messo di traverso: “le elezioni anticipate aggiungerebbero incertezza in un momento in cui il paese ha bisogno di stabilità”, ha scritto il Telegraph sintetizzando la posizione dell’esecutivo britannico.
Perché allora Theresa May ha cambiato idea? Da questo interrogativo è cominciata la puntata di oggi di Memos con David Ellwood, storico, esperto di relazioni internazionali, della Johns Hopkins University di Bologna.
La decisione di May è una scelta solitaria, una scommessa per tentare di rafforzare il proprio potere. «E’ una decisione – racconta Ellwood – presa in solitudine. May non è una giocatrice di squadra come era il suo predecessore Cameron. Lei fa tutto da sola. Con sé ha un paio di consulenti privati che stanno al 10 di Downing Street. La decisione di ieri ha sorpreso tutti. Pare che solo due ministri siano stati consultati da Theresa May: il ministro per la Brexit e quello del Tesoro. La sua – sostiene il professore della Johns Hopkins – è una decisione opportunistica. E anche rischiosa. I sondaggi che oggi danno in vantaggio i conservatori non sono affidabili. C’è una marcata volatilità dell’elettorato e quindi la sua manovra non è senza rischi».
Per David Ellwood con la mossa delle elezioni anticipate May punta a rafforzare il suo potere per compiere una sorta di restaurazione del thatcherismo.
«May – sostiene il professor Ellwood – porta avanti una politica di liberalizzazioni e privatizzazioni su larga scala. Il che vuol dire un attacco, quasi una crociata, contro tutto ciò che è pubblico: dalla scuola all’università, al sistema sanitario e dei trasporti. E lo fa con una strategia di lungo termine che finirà per aggredire le basi ereditate dall’epoca del welfare state. Temo che il clamore della Brexit creerà una cortina fumogena dietro la quale si nasconderanno le manovre per le ulteriori privatizzazioni. E’ la continuazione del programma di Margaret Thatcher – conclude Ellwood – con l’assunto neoliberista che il mercato deve decidere tutto».
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