E’ di Pininfarina la firma della carrozzeria della Giulietta Spider (nella foto) mitica auto degli anni ’50, un simbolo per quell’epoca che stava portando l’Italia nel cosiddetto “boom economico”. La Giulietta era un’auto veloce, scattante, agile anche nelle sue forme.
Da allora sono passati sessant’anni, i cambiamenti sono stati epocali e l’aggressivo piano di acquisizioni delle multinazionali asiatiche porta Pininfarina in mani indiane, dopo 85 di storia italiana. A comprarsela è il gruppo Mahindra.
Con questa acquisizione si mette la parola fine a un pezzo rilevante della nostra industria, dello stile affermatosi nel mondo dei carrozzieri italiani. La vendita è avvenuta dopo un lungo e difficile periodo per il gruppo Pininfarina, in mano alle banche e con un debito che sfioravano i 100 milioni di euro, ma segnato anche dai posti di lavoro a rischio. Ora, dopo la vendita agli indiani, i sindacati hanno chiesto garanzie per gli 800 dipendenti della società e un piano di sviluppo.
L’obiettivo di Mahindra è quello di usare un marchio storico del Made in Italy come Pininfarina per dare piu valore sui mercati – in prospettiva anche su quello europeo – ai suoi modelli, in particolare a fuoristrada di lusso come il Suv. L’operazione sul piano economico-finanziario (150 milioni di euro) non è imponente come altre acquisizioni, ma ha un valore strategico per Mahindra in quanto acquisisce il know-how, le competenze, le conoscenze, la creatività e lo stile italiani.
L’acquisizione di Pininfarina da parte di Mahindra mette anche a nudo la debolezza del capitalismo italiano, la sua opacità. Un capitalismo che ha spesso puntato su speculazioni finanziarie più che sull’industria, in un contesto di assenza di una strategia industriale dei governi che si sono succeduti.
Molte aziende straniere vengono da noi a fare shopping, ma le nostre imprese stentano (tranne pochi casi come per esempio Luxottica ) a fare il percorso inverso, comprando società di peso di altri paesi. Le acquisizioni italiane all’estero riguardano principalmente “operazioni di taglia medio-piccola, su aziende più facilmente integrabili nel business aziendale”, come segnala il network Kpmg.
Impressiona invece l’elenco delle acquisizioni dall’estero, un lungo elenco che tocca tutti i settori : dalla moda, all’alimentare ( il recente passaggio di Grom a Unilever), all’industria (ultimo caso, 45 per cento di Italcementi ai tedeschi), alla telefonia, ai trasporti (Alitalia a Etihad).
L’India intanto mette a segno un altro colpo all’interno di una formidabile strategia complessiva di espansione e crescita che l’ha portata a competere e in alcuni casi a superare la Cina. Le corporations indiane si stanno rafforzando ovunque: nell’acciaio (tra le ultime acquisizioni la francese Arcelor), nell’auto (comprate Jaguar e Aston Martin ), negli idrocarburi, nei trasporti e nelle telecomunicazioni.
L’espansione di potenze come l’India e la Cina, e delle loro multinazionali, ripropone in modo dirompente la irrisolta questione europea. Un’Europa frammentata, divisa, senza una visione strategica comune di politica economica-industriale non potrà che essere subordinata, debole e alla fine marginale in questa competizione globale.