Era un artista totale, nato per fare il suo mestiere. Questa è la definizione che forse riassume meglio la straordinaria carriera di Gigi Proietti. Più ancora di quella etichetta da “mattatore”, coniata per altri e spesso affibbiata anche a lui. Era di origini semplici e suo nonno, che faceva il guardiano di pecore, gli aveva lasciato un taccuino di sonetti in romanesco, dando così forse origine alla sua autentica passione per la parola dialettale.
In teatro, Gigi Proietti aveva mosso i primi passi nelle “cantine” romane, con Antonio Calenda e Piera Degli Esposti. Per mantenersi, faceva il cantante nei night e al Foro Italico, dove aveva incontrato il grande amore della sua vita, una ragazza svedese di nome Sagitta. Il successo arriva con Garinei e Giovannini: Gigi Proietti sostituisce Domenico Modugno in “Alleluija brava gente” ed è un trionfo.
Con “A me gli occhi, please!”, Gigi Proietti compie un piccolo miracolo: portare in TV il teatro colto, l’affabulazione petroliniana. Lunghissima è la lista delle sue interpretazioni teatrali, cinematografiche e televisive, di cui ricordiamo la più recente “Edmund Kean”, spettacolo dedicato al celebre istrione britannico, oppure la fortunata serie “Il maresciallo Rocca” e le 15 serate all’Auditorium Parco della Musica, con un one-man show che ha richiamato 60.000 spettatori.
Anche produttore, regista, autore e impresario, fra le sue sfide c’è anche la creazione e la direzione del Globe Theatre, spazio di ispirazione shakespeariana a Villa Borghese. Morire il giorno del suo ottantesimo compleanno è un fatto su cui forse lo stesso Gigi Proietti avrebbe amabilmente sorriso: un grande attore, si sa, si distingue per come esce di scena.
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