Con la candidatura di Roberto Giachetti alle primarie del centrosinistra di Roma del 6 marzo prossimo, Renzi è riuscito a ricompattare il partito dopo lo scandalo di “mafia capitale” e dopo la fine ingloriosa dell’esperienza di Ignazio Marino al Campidoglio. Non è un caso che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il vero leader del Pd a Roma, punto di riferimento della sinistra del partito, abbia dato il suo appoggio ufficiale a Giachetti.
Roberto Giachetti oggi ha molte carte da giocare. Ha un curriculum che lascia intravedere punti di convergenza, dal punto di vista dell’immagine, con l’ex sindaco Marino: un passato radicale, rapporti con l’associazionismo laico, le battaglie per i diritti civili. Allo stesso tempo però è renziano. Ha con sé il partito romano, dal già citato Zingaretti a Francesco Rutelli, dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni allo stesso commissario Matteo Orfini.
E poi è cattolico, è “romano e romanista”, come ha detto Renzi, a sottolineare come, a differenza del “marziano” Marino, abbia una profonda conoscenza della città. Del resto fu direttore generale del Comune negli anni Novanta, a meno di 30 anni, nell’era di Francesco Rutelli. La scelta di Giachetti da parte di Renzi per questi motivi ha fatto innervosire le componenti di minoranza del Pd, e l’appoggio di Zingaretti ha spiazzato quella parte di Sel che fino a oggi ha lavorato per non uscire dal centrosinistra nonostante la già annunciata candidatura di Stefano Fassina fuori da ogni alleanza col Pd.
Insomma Giachetti è un candidato forte con cui Renzi punta a vincere le elezioni. Chi potrebbe contrastare da sinistra Giachetti alle primarie è il senatore Walter Tocci. Il quale però è uomo di partito e si candiderebbe solo se tutto il Pd glielo chiedesse. Ipotesi in questo momento improbabile. Un’altra incognita è Ignazio Marino il quale ha rinnovato la tessera del Pd e non abbandona l’idea di candidarsi alle primarie. La notizia che è sotto inchiesta insieme al predecessore Gianni Alemanno per le assunzioni clientelari di decine di dirigenti comunali, però, per lui è una mazzata.