“Mannshaft, specchio politico e sociale di una Germania divisa”. Cosi titolava, alcune ore prima della partita con la Corea del sud, Libération. Citava Toni Kroos. Dopo la partita vinta contro la Svezia, il centrocampista del Real si era sfogato con i giornalisti: “A molte persone in Germania sarebbe piaciuto se fossimo usciti“.
Le ‘molte persone’ sono quelle che sono saltate in questi anni sul carro dell’Afd, il partito di estrema destra, che sogna una Mannshaft bianca, senza tedeschi di origine turca, come Özil e Gündoğan o ghanese come Jerome Boateng.
Nel 2014, durante i mondiali del Brasile, Angela Merkel e Joachim Löw, ct della Nazionale, erano al massimo della popolarità. La Germania intera festeggiò allora la Mannshaft multietnica, capolavoro della Cancelliera e della sua politica di integrazione.
Quattro anni dopo e un milione di rifugiati in più, Angela Merkel, logorata da troppi anni al potere, è alle prese con una grave crisi di consenso. L’unione con i bavaresi della Csu rischia di spaccarsi proprio sulla questione dei migranti. Questa sera l’eliminazione della Mannshaft diventa il miglior alleato dell’estrema destra.
E parafrasando Toni Kroos, a molti tedeschi è piaciuta la sconfitta contro la Corea del sud.