Sentiamo le parole “serie in costume” e subito pensiamo a un racconto molto canonico, stretto tra pizzi, merletti e intrighi di corte, con una certa seriosità di fondo garantita dal contesto storico. Ma una precisa tendenza televisiva, negli ultimi anni, fa emergere anche una direzione contraria e sorprendente. Esempi: Dickinson, serie originale di AppleTv+, ripercorre la biografia di Emily Dickinson – interpretata dalla giovane Hailee Steinfeld – come una surreale teen comedy, con tanto di gergo adolescenziale e musica pop contemporanea a irrompere nell’ottocentesco New England puritano in cui la poeta ha vissuto per tutta la vita, notoriamente da reclusa. Oppure: in The Great, creata dallo sceneggiatore di La favorita Tony McNamara, una giovanissima e romantica Caterina di Russia (splendidamente incarnata da Elle Fanning) vede distruggere i propri sogni d’amore e illuminismo dal crudele e stupido consorte Pietro, e decide così di dedicarsi a spodestarlo per diventare la futura Caterina la grande. La serie si prende moltissime libertà storiche ed è percorsa da un black humour satirico che rende chiari i riferimenti alla contemporaneità. O ancora: Bridgerton, grandissimo successo di Netflix firmato dalla regina della tv generalista Shonda Rhimes, è una sorta di fan fiction dei romanzi di Jane Austen, una fantasia strabordante di superbi costumi e location sontuose. Anche qua i quartetti d’archi suonano versioni rivisitate di pezzi di Billie Eilish e Taylor Swift, e il cast è indifferentemente composto di persone nere, caucasiche e asiatiche, a partire dalla regina Charlotte (che però, secondo alcune recenti ricostruzioni, aveva davvero la pelle scura perché di discendenza caraibica). Bridgerton si presenta come un puro guilty pleasure, ma contiene riflessioni interessanti sul punto di vista e la sessualità femminili.
Dal 26 marzo sul canale di La Feltrinelli LaF arriva anche Gentleman Jack, che in qualche modo potremmo includere nel gruppo. Coprodotta da BBC e HBO, sotto l’aspetto formale è certo molto più tradizionale rispetto alle serie sopra citate: ambientata negli anni 30 dell’Ottocento, in un paesino di campagna del West Yorkshire, è molto rigorosa nella ricostruzione storica e d’ambiente, e anche nella fedeltà alla vera biografia della sua protagonista. Che, però, è Anne Lister, cioè colei che molti ritengono “la prima donna lesbica moderna”, sia perché pienamente consapevole della propria identità sessuale, sia perché determinata a viverla il più possibile alla luce del sole e a conquistarsi il diritto alla felicità che la società ha negato per secoli alle persone queer. Coltissima, viaggiatrice appassionata, studiosa delle discipline più diverse (dalla medicina alla letteratura), ricca proprietaria terriera e intraprendente imprenditrice, riuscì addirittura a sposarsi con l’ereditiera Ann Walker; nel corso della sua vita tenne continuamente dettagliatissimi diari, scritti in codice nelle parti in cui descriveva le proprie relazioni sentimentali ed erotiche. Oltre 6 milioni di parole oggi considerate patrimonio dell’umanità, perché prezioso documento sia della vita quotidiana nella campagna inglese a inizio Ottocento sia della generale condizione delle donne lesbiche all’epoca. Gentleman Jack (che era il nomignolo, sottilmente dispregiativo, con cui i concittadini la chiamavano) è scritta e in parte diretta da Sally Wainwright, sceneggiatrice inglese già autrice di Happy Valley, originaria pure lei del West Yorkshire, dove Anne Lister è oggi una figura leggendaria.
La serie, pur senza anacronismi, ha uno spirito contemporaneo e un’anima satirica, evidenziati dall’interpretazione strepitosa di Suranne Jones, che nei panni di Anne di tanto in tanto guarda direttamente in macchina, rompendo la quarta parete, condividendo con noi spettatori l’ironia e la frustrazione verso un mondo che, con ogni evidenza, non era ancora pronto per lei. In fondo, è proprio per questo che Gentleman Jack non ha bisogno di musica pop o altri espedienti modernizzanti: era la stessa Anne Lister a essere molto più avanti del proprio tempo e, in parte, ancora, pure del nostro.