In Qatar sono ore di intensi negoziati.
Ci sono notizie e aggiornamenti in continuazione.
Il quadro non è ancora chiarissimo e soprattutto, attenzione, la situazione è molto volatile.
Abbiamo raccontato tante volte, nei mesi scorsi, di un accordo per una tregua e per lo scambio ostaggi israeliani – detenuti palestinesi. Poi tutto è saltato. Questo suggerisce la massima prudenza, ma sicuramente stando alle dichiarazioni ufficiali e alle ultime notizie possiamo dire che le due parti, Israele e Hamas, non siano mai state così vicine a un’intesa su Gaza.
Le dichiarazioni, anche quelle non ufficiali, sono arrivate un po’ da tutti: Israele, Hamas, Qatar ed Egitto quindi i due mediatori, e Stati Uniti – entrambe le amministrazioni, quella uscente e quella entrante.
A Doha c’è anche l’inviato di Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff.
Questo pomeriggio il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jack Sullivan, ha detto che un annuncio potrebbe arrivare già questa settimana. Poco fa alcuni media israeliani hanno parlato addirittura di 24 ore. Un’ipotesi ovviamente.
A confermare lo stato molto avanzato dei negoziati la presenza a Doha dei massimi vertici dei servizi segreti israeliani e del coordinatore per i detenuti palestinesi.
Le trattative, come sempre, sono indirette.
Alle due parti è stata consegnata una bozza di accordo. Le risposte potrebbero arrivare da un momento all’altro.
La struttra di massima dell’intesa sarebbe sempre la stessa. Un meccanismo in tre fasi con il graduale scambio ostaggi israeliani – detenuti palestinesi e il progressivo ritiro israeliano dalla Striscia. Il negoziato andrebbe avanti anche dopo, per decidere come passare dalla prima alla seconda fase e dalla seconda alla terza.Ci sono ancora degli ostacoli.
Innanzitutto rimane una differenza di fondo. Hamas vuole la fine definitiva della guerra, mentre Netanyahu vuole che l’accordo gli lasci un margine di manovra per valutare, nel caso, se rilanciare l’operazione militare.
Poi c’è lo scambio ostaggi – detenuti palestinesi. A Gaza ci sarebbero ancora 95/98 ostaggi, non tutti vivi. Nella prima fase Hamas avrebbe accetatto di rilasciarne 33 o 34, compresi 11 in condizioni più critiche, ma vorrebbe che alcuni venissero rilasciati con lo status di prigionieri militari in modo da poter ottenere a sua volta la liberazione di più detenuti palestinesi. E poi quali detenuti palestinesi? Anche nomi grossi, anche chi Israele considera responsabile di attacchi o attentati? Non è chiaro.
Terzo nodo: l’esercito israeliano esce da Gaza? E con quali tempi?
Gli israeliani starebbero spingendo per mantenere il controllo di una zona cuscinetto di circa un chilometro. Ma non sappiamo se solo nel nord o lungo tutto il confine Israele-Striscia di Gaza. C’è poi la questione del corridoio Philadelphia, in sostanza il confine sud tra Gaza ed Egitto, attualmente occupato dagli israeliani.
Questi sono gli ostacoli tecnici nella trattativa.
Poi ci sono altre questioni, interne a una o all’altra parte.
Sul fronte israeliano sicuramente la contrarietà dell’estrema destra, dentro il governo Netanyahu, a ogni accordo con Hamas. Anche se potrebbe essere superata con il supporto del centro della politica israeliana e forse anche con il supporto futuro di Trump alle mire epansionistiche della destra israeliana in Cisgiordania.
Da valutare infine l’impatto delle differenze tra Netanyahu e i vertici militari, questi ultimi molto più propensi a una tregua. Anche oggi a Gaza sono morti cinque soldati.
Gaza: Israele e Hamas pronti alla firma di un accordo
-
Autore articolo
Emanuele Valenti