C’era una volta.
Il voto francese per il primo turno delle elezioni presidenziali consegna un Paese frammentato. Nessuno dei candidati ha raggiunto il 25 per cento dei voti e tra Emmanuel Macron, che andrà al ballottaggio assieme a Marine Le Pen, e il quarto classificato Jean-Luc Melenchon ci sono solo 4 punti percentuali.
E’ uno degli elementi più interessanti del voto di ieri, assieme al declino dei partiti storici, il Ps e la destra gollista: non era mai accaduto che nessuna delle due forze politiche mandasse un proprio rappresentante al ballottaggio per l’Eliseo.
I socialisti, poi, con il disastroso risultato di Benoit Hamon hanno toccato il fondo e ora bisognerà vedere se saranno in grado di rialzarsi. Il primo momento per verificarlo saranno le elezioni legislative per l’Assemblea Nazionale, l’11 e il 18 giugno prossimi.
Sarà anche l’occasione per comprendere se il nuovo quadro politico generale verrà confermato. Due dei quattro candidati principali non hanno un partito con strutture consolidate alle spalle. Non lo ha Emmanuel Macron e non lo ha Jean-Luc Melenchon.
I sondaggi danno Macron presidente. Se così sarà, probabilmente dovrà fare leva su una maggioranza parlamentare inedita, con rappresentanti del suo movimento, En Marche, e transfughi del Ps e dei gollisti.
Al di là di questo -sostiene a Radio Popolare il politologo Marc Lazar- Macron, se sarà presidente, dovrà dare risposte ai milioni di elettori che hanno votato contro il sistema perché impoveriti e arrabbiati
Ascolta l’intervista con Marc Lazar a cura di Massimo Alberti e Luigi Ambrosio