
Di sicuro c’è anche la voglia di acquisire facili consensi dietro la decisione di Renzi di alzare la voce con la Commissione europea. Lo spirito di questi tempi insegna che attaccare Bruxelles rende, fa guadagnare consensi in patria. E Renzi dà credito a questa lettura.
Nell’ultima settimana ha preso di mira il presidente Juncker con espressioni del tipo: “non ci facciamo telecomandare da nessuno”, “ci vogliono deboli e marginali”. Un mese fa il capo del governo italiano aveva scosso la cancelliera Merkel: “non dirmi, cara Angela, che donate sangue alla Ue”. Ma le ultime mosse del capo del governo italiano non servono solo a drogare i sondaggi, sono anche l’espressione di una difficoltà di Roma su più fronti: il controllo dei conti pubblici, l’incertezza sull’approvazione della legge di stabilità da parte della Commissione europea e il rischio di dover essere costretto a stangate salatissime l’anno prossimo. Poi ci sono i maggiori rischi a cui sono esposte le banche italiane in difficoltà a causa della nuova direttiva europea sui salvataggi bancari “made in Germany”. Infine, c’è la tensione tra Roma e Berlino sul gas russo: il governo tedesco è accusato da Renzi di sostenere con una mano le sanzioni alla Russia (che danneggiano le imprese italiane) e con l’altra di negoziare con Mosca il raddoppio del gasdotto North Stream (dove le imprese italiane sono escluse).
A Memos ne abbiamo parlato con l’economista dell’Università di Siena Massimo D’Antoni e l’analista strategico Alessandro Politi.
Renzi teme la bocciatura dell’ultima legge di stabilità da parte della Commissione europea? Teme di essere costretto a dover varare delle vere e proprie stangate nei prossimi due anni, alla vigilia delle elezioni politche?
«Per la verità – risponde l’economista D’Antoni – questo scenario direi che c’è comunque. I meccanismi con cui sono stati rispettati i vincoli di bilancio anche all’interno della flessibilità danno una doppia possibilità: consentire di sfruttare tutti i margini di flessibilità e permettere di spostare in avanti il più possibile le partite più problematiche. Mi riferisco, ad esempio, alle famose clausole di salvaguardia. Dice il governo Renzi: noi recupereremo risparmi di spesa pubblica con la spending review, però la spending ancora non c’è. E poi: recupereremo delle entrate con la lotta all’evasione fiscale, che però sono solo una congettura. Nel caso in cui questi obiettivi non fossero rispettati – prosegue D’Antoni – e siccome non si possono mettere a bilancio voci incerte, allora è stato previsto che si intervenga con qualche strumento certo. Ad esempio: un aumento di quelle imposte che danno un immediato effetto, come le imposte indirette (le accise sui carburanti e l’Iva). Questo sistema non l’ha inventato Renzi, esiste da anni. E’ un sistema che, però, comporta che l’anno prossimo e quello successivo la curva di rientro dal debito diventi sempre più ripida, più onerosa. Per concludere: la bocciatura o la promozione della legge di stabilità non credo che sia l’aspetto determinante nella scelta di Renzi. Più importante è il fatto che la flessibilità sia una “una tantum“, come ha avvertito la Commissione europea. Nei giorni scorsi Bruxelles ha detto al governo italiano: attenzione, una volta che avete usata la flessibilità vogliamo vedere i risultati. Può essere che Renzi stia cercando, da un lato, di ottenere l’approvazione della legge di stabilità e, dall’altro, di preparare una strategia che possa andar bene sia in caso di approvazione che di bocciatura della legge di stabilità. Una strategia che serve ad affrontare l’appuntamento con la prossima legge di stabilità del 2017, l’anno che porterà alle elezioni politiche».
Ospite di Memos anche Alessandro Politi, analista strategico.
Perché Renzi alza la voce con il governo tedesco per la vicenda del gas russo? Il capo del governo italiano accusa Berlino di fare un doppio gioco: Merkel con una mano commina le sanzioni a Mosca e con l’altra firma il raddoppio del gasdotto North Stream (per trasportare il gas russo in Germania).
«A questa accusa – sostiene Politi – il governo tedesco risponderebbe che da un lato si tratta di una risposta politica alla Russia e dall’altro “business is business”. Ci sarebbe anche un’altra risposta più completa: il governo tedesco ha basato il suo abbandono delle centrali nucleari proprio contando sul gas russo. E’ un dato di politica interna, tanto energetica quanto ecologica, indiscutibile. Non credo che Renzi usi un’argomentazione astratta, anzi parla di cose concrete e i tedeschi lo sanno benissimo, loro vorrebbero probabilmente la botte piena e la moglie ubriaca. L’Italia e Renzi hanno già visto sfumare due gasdotti che dovevano invece avere dei terminali in Italia. E’ chiaro che ora il duello con la Germania è nei fatti. Tutt’altra cosa è se lo vinceremo o se riusciremo ad ottenere un compromesso soddisfacente. E’ altrettanto chiaro – conclude Politi – che ai russi interessa avere anche la partecipazione italiana e non solo per motivi economici, ma per motivi squisitamente politici».
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