Il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Marco Bussetti (in quota Lega) ha presentato le linee guida del dicastero al Senato: “Non voglio ricorrere a nuove riforme e ulteriori strappi. La scuola e l’università sono state oggetto di riforme a ritmo tale che la nuova si presentava quando l’altra non era ancora realizzata“.
Nessun stravolgimento della Buona Scuola “ma i nodi emersi vanno affrontati e sciolti in modo condiviso“.
Ne abbiamo parlato oggi a Giorni Migliori con Benedetto Vertecchi, pedagogista e docente di pedagogia sperimentale all’Università di Roma Tre, nonché presidente del Centro Europeo dell’Educazione.
Io non sono riuscito a capire quale sia la linea che il Ministro Bussetti intende seguire. Non sono riuscito a capirla, soprattutto, per quanto riguarda gli aspetti strettamente educativi e culturali, perché alcuni aggiustamenti di carattere architettonico e amministrativo si promettono sempre, poi speriamo che si facciano. Però il problema più importante oggi, quello che credo desti maggiore apprensione nelle famiglie e nei ragazzi e anche nella società italiana, almeno quando riflette in positivo e non facendosi trascinare dagli slogan, è: qual è il profilo culturale che ci si propone di incentivare e incoraggiare nel percorso di crescita di bambini e ragazzi? Questo non viene fuori da nessuna parte, perchè dovremmo avere una politica che riguarda il nostro patrimonio culturale, la lingua, il patrimonio artistico, la ricerca, la ripresa di tutto l’incredibile apparato che ha creato poi la società e la storia d’Italia.
Se lei venisse chiamato adesso a dare un consiglio d’orientamento di che cosa è necessario per dare alla scuola il ruolo che merita, lei cosa direbbe al ministro Bussetti?
Io direi al ministro Bussetti che l’esigenza più urgente per l’educazione dei bambini e dei ragazzi, per l’eliminazione delle discriminazioni sociali sempre più furiose che si vanno registrando nella condizione educativa dei bambini e dei ragazzi, è l’adozione di misure volte ad accrescere la padronanza linguistica fin dai primissimi anni di vita. Oggi la condizione passiva della comunicazione sta diventando un dramma di cui ci accorgeremo tutti abbastanza presto. I bambini sanno sempre meno parole, sono sempre meno in grado di descrivere le emozioni e così via, addirittura spesso le parole sono sostituite da simboletti, tipo le emoticon e queste cose che usano i ragazzi nella comunicazione tra loro. Siamo di fronte a una specie di deverbalizzazione. Questo è un grande problema. I problemi della scuola non sono soltanto le aule o i banchi, ma è anche il contesto in cui l’educazione viene praticata. Non vogliamo una scuola deverbalizzata, non la vogliamo neanche dealfabetizzata. Bisogna aprire gli occhi e prendere atto che stiamo andando verso una deriva dealfabetizzata. Se io dovessi dire quali sono le urgenze, sono queste. Poi le solite formule consolatorie sui nostri dottorandi che sono tanto bravi e che sono i più ricercati al Mondo, ecco su questo io ci andrei piano: qualcuno bravo per fortuna c’è, figuriamoci.