
Il vino sfuso è agli sgoccioli, le bottiglie quasi le regalano. Mentre al Quartiere Isola va in scena il primo fine settimana dopo il lockdown, con le coppie a passeggio e le famigliole accucciate sull’erba, qualcuno sta per chiudere la saracinesca per un’ultima volta.
Siamo all’ombra del bosco verticale, che per l’occasione sfoggia una fioritura degna della retorica del fu “rinascimento milanese”. Una piccola vineria di quartiere ha dato appuntamento ai clienti più assidui e fidati del tempo di prima: si svuota tutto.
I mesi passati sono stati difficili, quelli che arrivano non promettono nulla di buono: quaranta metri quadri scarsi compresi bagno e bancone, legno chiaro alle pareti, un locale intimo si sarebbe detto, ma è un aggettivo passato di moda. Secondo le nuove regole della fase 2 qui ci stanno al massimo due tavoli: a conti fatti, non ne vale la pena. Per Valeria, la vinaia, è arrivato il tempo di fermarsi.
Quanti sono nella sua stessa situazione? Non si sa, però su qualche serranda abbassata già si legge “affitasi”. Bar e ristoranti sono tra le categorie più penalizzate nei mesi scorsi, per ovvie ragioni, molti hanno accumulato debiti. E le prescrizioni anticontagio decurtano di fatto le possibilità di guadagno anche in futuro. Per chi già prima galleggiava, insomma, non c’è grande speranza, nemmeno ai piedi del grattacielo più fotografato d’Italia.
Chi invece ha le spalle un po’ più grosse può permettersi almeno di provarci. Lo storico “Nordest”, in attesa di tempi migliori, si è riciclato pollivendolo e ha messo in vetrina un succulento girarrosto. Solo asporto, s’intende. L’effetto è straniante. Ma si sa, la forma di una città cambia più velocemente del cuore di un uomo. E di una donna.
Il servizio di diana Santini in Metroregione