Tutto quello che potrebbe creare tensioni, non è nel “Piano per l’Italia”. Stiamo parlando del documento che il PD sta finendo di limare prima di renderlo pubblico e che contiene le proposte del Partito Democratico per la cosiddetta ‘fase 2’ del governo.
Scorrendolo, quello che pesa di più è quello che manca. Non c’è nulla sulla giustizia, nonostante sia un tema di dibattito scottante o forse proprio per questo. Non c’è nulla sull’immigrazione: della promessa fatta da Zingaretti a novembre – lo Ius Soli – non c’è traccia. Eppure, prima delle elezioni regionali, il PD diceva: ne parleremo dopo il voto. Il voto è passato. Ma i problemi nella maggioranza restano. Per dire: non c’è traccia nemmeno di accordi con la Libia e decreti sicurezza. Non se ne parla.
E allora c’è un elenco di belle cose da fare, per la scuola, le diseguaglianze, la green economy, la burocrazia, la salute. Cose anche interessanti, tipo la parità di salario o un concorso per 10mila nuovi ricercatori o meno tasse per i redditi bassi e medi o l’assunzione di 500mila figure qualificate nella pubblica amministrazione o quella di 100mila tra medici e infermieri e le cure dentarie gratuite. Cose di cui si discute da anni e decenni, tipo il contrasto all’evasione fiscale o la digitalizzazione della pubblica amministrazione o un piano contro il dissesto idrogeologico o investimenti nelle periferie e aree interne.
Tutte cose che difficilmente gli alleati di governo potrebbero rifiutarsi di sottoscrivere (poi, tempi e modi della loro applicazione concreta sono un altro discorso). Tutto ciò che è divisivo, come si dice in gergo, è fuori dal piano. Obiettivo, 2023.
Foto dalla pagina ufficiale di Nicola Zingaretti su Facebook