La task force per la Fase 2 guidata dall’ex amministratore delegato di Vodafone Vittorio Colao è già al lavoro. Giuseppe Conte ha chiesto in tempi brevi soluzioni pratiche per permettere alla macchina produttiva di ripartire finito il lockdown.
Gli esperti dovranno studiare in pochi giorni nuovi modelli sociali e di organizzazione del lavoro. Con una priorità: la sicurezza. L’orizzonte temporale è il 3 maggio, ma Conte, pressato da Confindustria, dai giornali degli imprenditori e da politici della maggioranza, soprattutto Matteo Renzi, ha chiesto alla task force di trovare soluzioni per riaprire già in aprile alcune attività produttive, oltre a quelle previste dall’ultimo decreto.
È uno scenario che non entusiasma certo i membri del comitato scientifico sanitario che affianca Conte e che potrebbe entrare in rotta di collisione con la Task force di Colao.
Il 3 maggio forse la situazione sarà migliorata, ma per ora i dati sui contagi parlano chiaro, soprattutto in Regioni, come la Lombardia, che sono sì il motore dell’economia nazionale, ma anche tra le zone più martoriate dal virus.
Ci saranno le condizioni e gli strumenti per attuare le proposte della task force? Per la fase 2, tra tre settimane, gli scienziati dicono che sarebbero necessari tamponi mirati e i test immunologici che non sono stati ancora introdotti a quasi due mesi dall’inizio dell’emergenza.
E poi c’è il tema dei controlli. 80.000 aziende sono rimaste aperte durante il lockdown in virtù dell’autocertificazione e del silenzio-assenso dei Prefetti. Cosa sappiamo dei loro livelli di sicurezza? Il lavoro della task force rischia di essere l’ennesima affannata e forse inutile rincorsa ad aggiustare i guasti di una gestione della crisi fatta di provvedimenti a singhiozzo e decisioni condizionate a volte da interessi particolari.