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Tratto dal podcast
Chassis di dom 16/02 (seconda parte)
Cultura | 2020-02-16
Fabrizio De André e PFM – Il concerto ritrovato, il docufilm diretto da Walter Veltroni, porta nelle sale italiane lo storico “Concerto per la città” che Fabrizio De André e la PFM tennero a Genova il 3 gennaio 1979.
Il film sarà nelle sale italiane il 17-18-19 febbraio 2020 e per parlarci della sua realizzazione e la sua magia abbiamo chiamato proprio il regista Walter Veltroni e Dori Ghezzi. L’intervista di Barbara Sorrentini a Chassis.
Cosa ha significato ritrovare tutto questo materiale e metterlo insieme?
Walter Veltroni. Nessuno pensava che questo materiale esistesse e che fosse disponibile. E invece è riemerso da una specie di scrigno del tempo che lo aveva tenuto nascosto per 41 anni. Quel materiale ci ha consentito di costruire un documentario che ha dentro di sé quasi integralmente il concerto, che comunque non è mai interrotto. Il concerto è tutto intero.
Abbiamo costruito un documentario che racconta il clima di quegli anni, racconta come queste due musiche così diverse si sono incontrate e racconta anche l’atmosfera che c’era tra di loro. È un racconto tanto allegro quanto lo è la presenza sul palco di Fabrizio De André e della PFM.
Dori Ghezzi. Rivedere quei momenti che avevo già vissuto mi ha fatto capire che c’era ancora quella freschezza e quella gioia che non ha fatto passare il tempo. Lo scopo era quello di mettere a conoscenza i giovani di quello che era accaduto in quegli anni, di un concerto di cui sentono ancora parlare e che non hanno avuto la possibilità di vivere.
Questo servirà tantissimo a far capire un po’ come erano quei momenti.
Io mi sono commossa rivendendolo come non mi ero commossa dal vivo quando li vedevo. .
Non è nostalgia, è una sensazione diverse che vorrei che tutti provassero ancora rivedendolo. È una sensazione di gioia nei confronti di qualcosa di molto bello.
Qual è il tuo ricordo di quel concerto?
Walter Veltroni. Io quel concerto a Roma non lo vidi, ma come tutti ho vissuto quella tournée e il disco che uscì successivamente come una specie di araba fenice. E per questo sono molto contento che questo documentario restituisca a tutti la possibilità di vivere quello che tutti non hanno avuto la possibilità di vivere. Il concerto di Fabrizio De André e della PFM lo hanno vissuto solo quelli che erano nei palazzetti e adesso, invece, lo potranno vivere tutti coloro che hanno amato e amano quella musica. Il contesto di quegli anni era difficile. Poco dopo quel concerto, a Genova sarebbe stato ucciso Guido Rossa. Erano anni duri, anni di piombo come li ha definiti molto bene Margarethe von Trotta. Erano anche anni di grande energia da tutti i punti di vista: politica, civile, culturale e sociale. E penso che anche ritornare con la memoria ad una vicenda musicale e culturale come quella della quale stiamo parlando ci restituisca la misura dell’energia che ha attraversato quella stagione.
Avete optato per una sorta di road movie per arrivare a questo concerto. Come mai?
Walter Veltroni. Abbiamo scelto un treno particolare che fa un percorso di montagna sopra Genova, la città di Fabrizio, e su quel treno ci sono Dori Ghezzi, David Riondino, che era una sorta di intrattenitore iniziale del concerto, e Franz Di Cioccio e Patrick Djivas della PFM.
Poi abbiamo intervistato Franco Mussida, Guido Harari, Flavio Premoli e uno spettatore di quel concerto, Antonio Vivaldi. A me piaceva l’idea che fosse un treno la chiave di questo viaggio. E da lì siamo arrivati a quel padiglione C della Fiera di Genova che ad un certi punto si trasfigura e diventa il luogo del concerto.
La scrittura che compare in sovrimpressione è quella originale di Fabrizio?
Dori Ghezzi. Sì sì, è la sua scrittura originale. È stata un’esigenza per cercare di dare più luce alle immagini che non erano state girate certo per essere trasmesse o trasformate in un film. È un buon lavoro di regia per dare più luce e comprensione a certe cose.
Hai una canzone del cuore di Fabrizio De André?
Walter Veltroni. È difficile. Chi ama dei cantautori fa molta fatica a scegliere un brano in particolare. Però siccome è un gioco che alla fine è inevitabile fare, a me probabilmente di questo concerto quella che piace di più è Amico fragile.
Dori Ghezzi. Per me è impossibile. Io ho delle canzoni del cuore, ma sono quelle che visceralmente mi danno più emozioni come Ho visto Nina volare o Amore che vieni, amore che vai o La domenica delle salme. Non sono le più belle o le più brutte, sono quelle che mi danno una particolare emozione. Razionalmente, però, trovo che ce ne siano di più belle.
Fabrizio De André piace ancora molto ai giovani.
Walter Veltroni. Non è una cosa che mi sorprende. Le cose belle rimangono. Non è che Leonardo o Michelangelo piacessero solo ai loro coevi. Sono passati nel tempo e la stessa cosa vale anche per la musica. Fabrizio De André è cantato dai giovani di oggi come era cantato da noi da ragazzi. E sono passati più di 40 anni. Quella musica è una specie di grande ponte nel tempo.
Dori Ghezzi. Pochi giorni fa a Roma una bambina di 5 anni ha messo La Guerra di Piero e l’ha cantata dall’inizio alla fine. E l’unica domanda che mi ha posto è stata “cosa sono i cadaveri”. Questo mi ha impressionato tantissimo.
Foto dalla pagina Facebook della PFM Premiata Forneria Marconi