“L’ultima volta l’ho sentito al telefono, otto giorni fa”.
Il critico cinematografico Gianni Canova aveva con Ettore Scola una conoscenza di lunga data. Iniziata trent’anni fa per motivi professionali e sviluppata nel tempo. Il giorno dopo la morte del regista, Canova ne ha tracciato durante il Microfono aperto un lungo e affettuoso ricordo (trovate la conversazione integrale in fondo all’articolo). Un ritratto che intreccia titoli di film, valutazioni sulla poetica di Scola, il suo senso della storia ed episodi personali. A partire dall’ultima conversazione…
Dai maggiori successi a quelli minori, fino alle collaborazioni con sceneggiature poi diventate pezzi di storia del cinema italiano. La produzione di Ettore Scola attraversa cinquant’anni. “Difficile dire quale quale film ho amato di più”, afferma Gianni Canova che alla fine, però, qualche titolo lo sceglie.
Da Una giornata particolare a La famiglia. Qualunque spettatore abbia visto questi film sa cosa significhi per Ettore Scola intrecciare storia e storie, il senso generale e le esistenze individuali. “Una capacità che mi commuove molto”, spiega Gianni Canova, chiarendolo attraverso alcuni esempi.
Umiltà autoironica e carattere schivo. L’ultimo ricordo di Gianni Canova su Ettore Scola ha a che fare col suo modo di relazionarsi con le cose e con il ruolo di intellettuale. Ed è nuovamente un ricordo personale, come il primo. “Per come l’ho frequentato, aveva la saggia modestia di chi fa le cose senza aspettarsi nulla. Era molto diverso da tanti altri intellettuali, anche di sinistra e impegnati, che ritengono doveroso l’omaggio pubblico nei loro confronti. Scola era grande e diverso – come Monicelli – perché prima di tutto faceva satira su se stesso. Sapeva di far parte del mondo su cui rideva, sorrideva e satireggiava. Non se ne chiamava fuori”.
Ascolta l’intervista integrale a Gianni Canova