“È in corso un’imponente opera di bonifica che prescinde dalla sussistenza di condizioni per l’arresto”. Così il ministro dell’Interno Angelino Alfano in un’intervista a Repubblica. Alfano poi spiega in modo ancora più esplicito: si stanno espellendo dall’Italia persone su cui ci sono solo sospetti. Insomma che non si possono fermare o arrestare perché non ci sono prove sufficienti per accusarli di terrorismo.
Il ministro dell’Interno usa “bonifica”, parlando di espulsioni, senza preoccuparsi granché del peso delle parole. Ma sarebbe il meno. Il ministro dell’Interno mette anche nero su bianco che – in nome della sicurezza – i diritti passano in secondo piano.
Tra l’altro – anche supponendo che i sospetti sulle persone espulse siano concreti e che quelle persone rappresentino un rischio reale – dove sta la convenienza a rimandarli nei Paesi d’origine? Non si rischia, in questo modo, di perderne completamente le tracce e dunque il controllo?
Non che sia una novità: sono decenni ormai che succede. E’ vederlo esplicitato che fa effetto e che invita a una riflessione. Lo facciamo con Fabrizio Colarieti, giornalista, e Guido Savio, avvocato dell’Asgi, l’Associazione di studi giuridici sull’immigrazione.
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