Fino all’abbattimento di un jet russo sul confine turco-siriano, lo scorso novembre, Erdogan e Putin erano grandi amici o almeno grandi alleati. Adesso dopo mesi di stop forzato i loro rapporti stanno ripartendo. Dietro a questo riavvicinamento ci sono diversi motivi, primo fra tutti la necessità reciproca di non perdere un importante partner commerciale. L’incontro di ieri tra il presidente turco e quello russo è il terzo nel giro di poche settimane, a conferma del fatto che Mosca e Ankara stiano facendo sul serio.
Mosca e Ankara stanno riattivando contratti e scambi commerciali per miliardi di dollari. Il contratto più importante è la ripresa del progetto Turkish Stream, che pomperà il gas russo direttamente nella rete turca attraverso il Mar Nero, e in prospettiva dovrebbe arrivare anche in Europa, sanzioni per l’Ucraina permettendo.
Un gasdotto che permetterà alla Russia di riagganciare uno dei suoi principali clienti nel settore energetico. Mosca sta anche costruendo la prima centrale nucleare in Turchia, nella provincia di Mersin, nel Sud. Ankara, da parte sua, punta a far ripartire l’export agricolo verso la Russia e ad accogliere nuovamente milioni di turisti russi.
Erdogan aveva deciso di riallacciare i rapporti con Putin la scorsa estate, quando la sua reazione al tentato colpo di stato aveva allontanato Europa e Stati Uniti. I due sono però in disaccordo su una questione centrale, la Siria. Nonostante il riavvicinamento commerciale sulla crisi siriana rimarranno su fronti opposti, Putin con Assad, Erdogan con l’opposizione. Ma la discussione sulla Siria è quella che potrebbe produrre anche un riavvicinamento politico, e che in prospettiva potrebbe avere conseguenze profonde in Medio Oriente.
Cosa potrebbe succedere? In queste settimane, a differenza degli americani, i turchi hanno tenuto un profilo piuttosto basso durante il massacro di Aleppo. Ma nello stesso periodo l’esercito di Ankara è entrato per la prima volta in Siria per cacciare l’ISIS dal suo confine e per evitare l’avanzata dei curdi siriani in tutto il nord della Siria. La Turchia condivide quasi mille chilometri con la Siria e il futuro siriano passerà inevitabilmente anche da Ankara. Gli Stati Uniti, proprio in chiave siriana, stanno cercato di consolidare il rapporto con Erdogan, un rapporto non facile. Ma fino all’insediamento della prossima amministrazione gli americani non faranno mosse sullo scacchiere siriano. Una finestra di alcuni mesi che potrebbe fare il gioco della Russia, che potrebbe provare ad agganciare la Turchia alla ricerca di una qualche soluzione politica nel nord della Siria.
Putin cosa potrebbe dare in cambio? Erdogan ha chiesto più volte agli Stati Uniti di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria, dove trasferire una parte dei tre milioni di profughi siriani che oggi vivono in Turchia e con la quale bloccare l’avanzata dei curdi siriani. John Kerry non è mai stato convinto. Troppe spese militari, troppe variabili e troppi rischi nei rapporti con l’unico alleato sicuro contro l’ISIS, i curdi siriani appunto.
Mosca potrebbe concedere qualcosa di più su questi fronti? Non sulla zona cuscinetto, da vedere sui curdi che nella guerra siriana hanno sempre stretto alleanze molto variabili.
Un possibile scambio nel Nord della Siria potrebbe essere la questione più delicata in discussione tra Ankara e Mosca nelle prossime settimane. Non c’è un’intesa in vista ma le due diplomazie ci lavoreranno sicuramente, tenendo a mente le tante altre variabili regionali, a partire dall’imminente campagna per riprendere Mosul all’ISIS da parte dell’esercito iracheno e dei suoi alleati. Turchi, curdi e americani sono infatti impegnati anche su quel fronte. Trattativa e scambio, tra due leader pragmatici e cinici come Putin ed Erdogan.