
Fra i riferimenti (o forse meglio sarebbe dire numi tutelari) di “Bestie di scena”, l’ultimo spettacolo di Emma Dante e il primo prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, c’è Luigi Pirandello, come la stessa regista ha avuto occasione di sottolinenare.
“Nessuno di noi è nel corpo che l’altro ci vede, ma nell’anima che parla chi sa da dove…” scriveva il drammaturgo siciliano in “I giganti della montagna” e subito il legame con quello che gli spettatori vedono in scena si fa chiarissimo.
Un’umanità esitante e vagamente derelitta, giunta da chissà dove e che, ancora intimorita da quello che la circonda, si libera gradualmente dei propri vestiti procedendo, per tentativi ed errori, nel difficile percorso della convivenza.
La scena è nuda, come gli attori. Niente musica, tranne un brano noto e struggente, usato con parsimonia: “Only you” dei Platters.
La comunità “ignuda” che si aggira sul palco vuoto balla, gioca, canta, mangia, litiga, si azzuffa e si interroga ogni volta che da un misterioso “aldilà” le piovono addosso oggetti e provocazioni (“comandamenti” li chiama Emma Dante) che interrompono o deviano l’azione.
Ne nasce uno spettacolo “primitivo”, senza appigli, a eccezione di quelli creati occasionalmente dagli interpreti e spesso rappresentati dal proprio stesso corpo o da quello degli altri. Un vero e proprio manifesto della “sottrazione”, esercizio dal quale Emma Dante si dice da qualche tempo molto attratta.
E lo siamo anche noi.
Ascolta Emma Dante su “Bestie di scena”