Venerdì 16 febbraio, alle 21, Emel Mathlouthi sarà in concerto nell’Auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare. L’ingresso è libero e gratuito, raggiungeteci in via Ollearo 5!
Marcello Lorrai ci racconta la sua storia e presenta il suo ultimo disco.
La musica che ci propone Emel Mathlouthi con un album come Ensen, pubblicato lo scorso anno dalla newyorkese Partisan Records, è molto diverso dallo stile che abbiamo in mente se pensiamo a quello che storicamente si è inteso con “folk singer”, ma ne è una possibile evoluzione moderna.
Emel Mathlouthi ha cominciato a cantare e ad esibirsi fin da bambina, in un sobborgo di Tunisi. La varietà delle esperienze attraverso le quali si è formata ci dice già qualcosa della atipicità e complessità che ha poi raggiunto la sua fisionomia artistica: da adolescente e negli anni dell’università Emel ha fatto parte di band di heavy metal, ma poi è rimasta affascinata da Joan Baez e ha lasciato il metal per mettersi a scrivere canzoni politicamente impegnate, fra cui l’emblematica Ya Tounes ya meskina, ovvero “Povera Tunisia”: le sue canzoni sono state bandite dalla radio e dalla televisione tunisina, e come conseguenza Emel ha deciso di trasferirsi a Parigi.
La censura sui mezzi di comunicazione ufficiali non ha impedito però alla sua produzione di circolare in Tunisia attraverso la rete: Emel dedicò fra l’altro una versione in arabo di Here’s To You di Joan Baez a Mohamed Bouazizi, l’ambulante che si diede fuoco nel dicembre del 2010, per protesta contro le angherie subite dagli agenti che da anni gli sequestravano la sua merce, un gesto che suscitò la rivoluzione algerina a cavallo fra 2010 e 2011 che portò alle dimissioni di Ben Ali.
Nel corso degli eventi Emel si esibì davanti ai contestatori in Avenue Habib Bourguiba cantando la sua canzone Kelmti Horra, cioè “la mia parola è libera”, e il video ebbe una grande diffusione in rete: la canzone diventò uno degli inni della primavera araba. Emel si è poi esibita al Cairo dopo la rivoluzione egiziana, mentre solo l’anno scorso, dopo cinque anni di assenza, è nuovamente apparsa dal vivo in Tunisia.
Dopo un primo album uscito nel 2012, intitolato appunto Kelmti Horra, che mostrava l’influenza tanto di Joan Baez che di Björk, Emel è tornata con un album il cui titolo significa “umano”: i brani non contengono riferimenti a situazioni specifiche, ma piuttosto all’universalità del disumano: “Quante case distrutte? Quante vite rubate? Quanti cuori abbandonati?”, chiede una canzone, che prosegue in un lungo elenco di domande.
Il canto di Emel, piuttosto austero e dolente, è intonato a questa dimensione riflessiva. La musica, che Emel ha elaborato con il produttore franco-tunisino Amine Metani e con l’ex produttore di Björk Valgeir Sigurosson, sta tra la musica araba e un asciutto gusto elettronico, e testimonia sì dell’originalità di un percorso, ma anche del rimescolamento di carte in corso nella sensibilità estetica delle ultime generazioni di artisti del mondo arabo.