“Li ho firmati e non faremo mancare il nostro contributo, anche sulla cittadinanza”. Elly Schlein, dopo la segreteria del partito che si è riunita per discutere di tutti i temi di stretta attualità, a cominciare dai referendum, fa capire che lei sarà coerente con le scelte che ha fatto sui referendum che si voteranno in primavera, domenica 15 giugno, a cominciare da quelli voluti dalla Cgil, per modificare parti del Job act.
Li aveva firmati già ai tempi dell’approvazione della legge voluta da Matteo Renzi: la sua posizione era molto chiara. L’abolizione di questa riforma era tra i punti chiave del suo programma alla guida del partito. Il tema però è come portarsi dietro tutto il Pd in una campagna referendaria che parte molto in salita, dopo la bocciatura di quello sull’Autonomia differenziata e in un contesto dove sta crescendo una certa insofferenza degli ambienti più moderati e cattolici del partito, compresa quell’area di ex renziani rimasti nel PD, che non seguirono l’ex segretario.
Il rischio di litigi e tensioni è alto, più facile invece sarà il voto sulla cittadinanza. Non è la proposta dello Ius scholae o Ius soli, ma il Partito democratico appoggerà pienamente il referendum, che potrebbe diventare un argomento di unità, di una battaglia condivisa delle opposizioni, dai Cinque stelle ad Avs. Più che quello sul jobs act, il referendum sulla cittadinanza agli stranieri, che propone di dimezzare i tempi di residenza legale da dieci anni a cinque, nasce dal basso ed è arrivato ad essere un obiettivo voluto anche da Forza Italia. Si andrà al voto per i referendum in primavera, il governo dovrà decidere se ci sarà un election day con alcune regionali, ad esempio Veneto, Puglia e Campania, tre regioni dove il problema del terzo mandato è una grana che riguarda sia la destra (in Veneto), che la sinistra (in Puglia e Campania).