E’ un testa a testa quello uscito dalle urne di questo ballottaggio per la presidenza austriaca. E ora per sapere con certezza chi, tra Norbert Hofer (Fpoe) e Alexander Van der Bellen (sostenuto dai Verdi), diventerà il prossimo capo di Stato bisognerà aspettare il conteggio dei voti postali, poco meno di 900.000 e pari a circa il 14% dell’elettorato, che arriveranno con molta probabilità nel tardo pomeriggio.
Le proiezioni complessive SORA/ORF (la radiotelevisione pubblica), danno i due in totale pareggio: 50 a 50, con un margine di errore di 0,7% in più o in meno. Se questo quadro verrà confermato sarà davvero un’attesa fino all’ultimo voto.
Secondo i dati del ministero dell’Interno, relativi a tutti i seggi ma senza tenere conto dei voti postali, Hofer è avanti con il 51,9%, contro il 48,1% ottenuto da Alexander Van der Bellen. In base a questi dati, il candidato “verde” – che corre però da indipendente – ha vinto a Vienna (togliendo alla destra anche 3 distretti sui 5 che l’FPOE aveva conquistato nella scorsa tornata) e nel Voralberg, nell’ovest dell’Austria. Hofer invece in tutte le altre regioni del Paese.
Tra i due c’è una differenza di circa 144.000 voti. Se, come dicono diversi analisti, il voto postale tendenzialmente premia la sinistra, i giochi potrebbero essere ancora aperti. In aumento l’affluenza alle urne, che in questo secondo turno è stimata poco sotto il 72%.
Van der Bellen ha sottolineato molto in questo giorni che i consensi nei suoi confronti sono man mano cresciuti. E guardando i numeri, rispetto al primo turno, ha ottenuto il 26,7% in più di voti, mentre Hofer ha aumentato i propri del 16,9%.
I due candidati nelle scorse ore hanno mostrato ottimismo, ricordando come tutto sia ancora aperto. Visibilmente soddisfatto Van der Bellen, per una rimonta sicuramente sperata ma probabilmente inaspettata, quantomeno in questa misura. Hofer, dato per favorito, ha detto di non essere deluso, anche se dopo il 35% (e gli oltre 10 punti di vantaggio sul rivale) ottenuto il 24 aprile forse nel partito non si aspettavano finisse così.
“Incertezza” è ormai diventata la parola chiave di queste elezioni. Fino, forse, all’ultima scheda.