E’ tornato il proporzionale.
Defunto dopo Tangentopoli, il proporzionale è rinato grazie alle sentenze della Corte Costituzionale che hanno modificato le ultime due pasticciate leggi elettorali approvate dal Parlamento: il Porcellum di Berlusconi e Calderoli e l’Italicum di Renzi.
Adesso, con la sentenza della Consulta sull’Italicum, alla Camera la legge elettorale prevede un proporzionale con sbarramento al 3 per cento ed eventuale premio di maggioranza per la lista che raggiungesse il 40 per cento.
Al Senato, dove vige l’ex Porcellum emendato dai giudici costituzionali, la legge è proporzionale con sbarramento piu’ alto, 8 per cento per la lista e 20 per cento per la coalizione, ripartizione dei seggi su base regionale e nessun premio di maggioranza.
Non è la Prima Repubblica, ma vi somiglia.
E quale, Prima Repubblica. Simile a quella del 1953 quando fu approvata la “legge truffa” che prevedeva un proporzionale con premio di maggioranza alla Camera. Allora, per chi avesse ottenuto il 50 per cento. Oggi la soglia è addirittura 10 punti più bassa.
Nella sua sentenza la Consulta ha scritto: “la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione”. Passaggio interpretabile come una risposta indiretta alle perplessità del Presidente della Repubblica, Mattarella il quale aveva chiesto due leggi elettorali armonizzate tra loro.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega chiedono le elezioni e anche Renzi adesso si sente più forte, rientrato in partita, pronto per votare presto. I retroscena descrivono un Renzi intenzionato a proporre in Parlamento una legge elettorale simile al vecchio Mattarellum o, in alternativa, la cosiddetta “armonizzazione” delle due leggi elettorali attualmente in vigore. Ben sapendo, però, che la strada è difficilissima e che il voto con il sistema uscito dalle sentenze della Corte è più che buono per lui.
La sentenza sull’Italicum sancisce la fine dell’era delle coalizioni elettorali obbligate.
Ora è possibile tornare a contarsi nelle urne e solo dopo fare le alleanze. Anche nell’ipotesi che una lista raggiungesse il 40 per cento alla Camera, e quindi la maggioranza assoluta dei seggi, resterebbe la necessità di un patto per avere i voti al Senato, dove il premio di maggioranza non c’è.
Uno scenario possibile, se si votasse oggi, è un Governo di grande coalizione tra Pd e Forza Italia con annessi centristi. Fin dal giorno dopo il risultato del referendum del 4 dicembre se ne parla sia nelle stanze del Pd che in quelle del partito di Berlusconi.
Una alternativa potrebbe essere Movimento 5 Stelle-Lega Nord-Fratelli d’Italia, dopo la virata a destra imposta al M5S da Grillo e da Davide Casaleggio.
Sinistra Italiana può sperare di entrare alla Camera mentre al Senato, con lo sbarramento così alto, è complicato.
Un nuovo centrosinistra, magari imperniato sul progetto dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia per la creazione di un “campo progressista” che si allei al Pd, rimane uno scenario ipotetico ma al momento meno probabile, che si potrebbe realizzare se Renzi lavorasse a una lista elettorale che comprendesse anche Pisapia e i suoi.