La notte elettorale è stata molto deludente per il Pd. Il sapore è quello della sconfitta. Matteo Renzi sapeva di andare incontro a una prova difficile, tanto da prendere le distanze da queste amministrative alla vigilia, ma neppure lui forse immaginava un risultato tanto negativo. Deve riflettere perché su questo voto hanno giocato molti fattori che lo riguardano.
Milano è probabilmente il punto più dolente. Un sostanziale pareggio non era nelle previsioni. E invece è arrivato a causa soprattutto di un’astensione nata a sinistra e determinata dal profilo del candidato Giuseppe Sala.
Roma veniva considerata già persa e il fatto che Roberto Giachetti vada al ballottaggio è solo una consolazione: Virginia Raggi appare destinata a vincere al secondo turno con l’aiuto della destra. Il gruppo dirigente del Pd ha dato la colpa della sconfitta alla gestione del precedente sindaco Ignazio Marino, ma è evidente che la sconfitta arriva da lontano, dai fatti di Mafia Capitale.
A Napoli, il Pd rimane fuori dal ballottaggio. Anche in questo caso non si tratta di una sorpresa, ma è un risultato che brucia. Tra le grandi città, solo a Torino, il candidato del Partito democratico appare in una solida posizione. Piero Fassino guarda al secondo turno con la ragionevole speranza di essere rieletto.
Se Matteo Renzi piange, il Movimento Cinque Stelle, invece, ride. L’affermazione di Virginia Raggi a Roma è fuori di discussione. Al secondo turno, con l’aiuto dei voti di Giorgia Meloni, la candidata grillina dovrebbe conquistare il Campidoglio. Buona anche la prestazione a Torino (dove il M5s diventa il primo partito) e a Milano dove i suoi elettori rischiano di essere l’ago della bilancia del ballottaggio.
Anche per la destra è stata una serata positiva. Comunque sia, avanza l’ondata lepenista. Laddove è unita, come a Milano, risulta essere molto competitiva. Quando si presenta divisa, come a Roma, rimane fuori dal ballottaggio ma ha la forza numerica potenziale per giocarsi la partita.
Le forze a sinistra del Pd non possono dirsi soddisfatte per l’andamento di queste elezioni. Risultano marginali a Roma e a Torino, con percentuali che non le rendono determinanti in vista del ballottaggio, mentre a Milano possono avere voce in capitolo al secondo turno.
Infine l’astensione. Per molti è fisiologica e le percentuali di questa tornata elettorale ci portano ai livelli della maggior parte dei paesi europei. Può essere. In realtà quello che si intravvede dietro questa disaffezione alle urne è un sempre maggior distacco dalla politica. La sinistra sembra subire i maggiori danni di questa situazione. E’ un dato sul quale è indispensabile riflettere.