Qual è la posta in gioco alle prossime elezioni comunali del 5 giugno?
A destra vincerà la linea di Salvini o quella di Berlusconi?
A sinistra, dopo le alleanze larghe del 2011, come andrà a finire tra i candidati omogenei alla segreteria renziana del Pd e quelli che vi si oppongono o giocano partite autonome?
E il M5S?
«Roma sarà decisiva per dire chi guiderà la destra e quale rapporto questa destra avrà con il Pd e con il M5S», racconta a Memos Piero Ignazi, professore ordinario di Scienza politica all’Università di Bologna.
«Il voto a Roma, Milano e Napoli – sostiene Ignazi – può essere interpretato come un voto pro o contro Renzi. Non direi la stessa per Bologna e per Torino».
Ignazi propone due considerazioni particolari per Napoli e Milano.
«Napoli – dice il politologo bolognese – rappresenta un suicidio politico per il Pd, con la scelta di non candidare Bassolino. Una scelta fatta per ragioni ideologiche o di fedeltà al capo (Renzi, ndr)».
Quanto a Milano il professor Ignazi esprime un rammarico per come è finita l’esperienza Pisapia. “Non è riuscita a diventare – dice – un’esperienza nazionale. Il caso milanese poteva essere una sfida interessante non solo per il mondo della sinistra fuori dal Pd, ma anche per il partito democratico stesso».
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