“Non ho paura della morte: quando arriva non ci sono più io!”… Così diceva Paolo Poli, come gli antichi greci e come Magherita Hack, sua concittatina, irriverente quanto lui.
Artista brillante, poliedrico, autenticamente colto, senza ombra di presunzione, divertito osservatore del mondo e delle sue follie, capace di spettacolari cambi di ritmo nell’affabulazione, così come di esilaranti, seppur ineccepibili, prodezze coreografiche e vocali, re del teatro “en travesti” nella sua accezione più aristocratica, Paolo Poli fu fra i primi a non nascondere la propria omosessualità, senza per questo perdere mai il favore del pubblico.
Adorato dai bambini, a cui sapeva raccontare storie come nessun altro, fu amato e ammirato da varie generazioni di adulti, anche fra i borghesi e i perbenisti, che si arrendevano al suo elegante e sarcastico carisma.
Capace di passare con disinvoltura e straordinario charme dal varietà alla televisione, dal cinema (che pure non amava) alla canzone e al teatro, Poli ha affermato in una recente intervista: “Sa perché mi vogliono bene? Perché mi faccio vedere poco!”
Ci ha lasciati un artista meraviglioso e irripetibile.
Vi proponiamo un’intervista di Ira Rubini a Paolo Poli, registrata nel 2014, in cui l’attore parla dello spettacolo “Aquiloni”, dedicato a Giovanni Pascoli