Ieri sera nella calca della sala del Parco dei Principi, sede del comitato elettorale di Fratelli d’Italia, mentre stava per arrivare Giorgia Meloni, ci siamo ritrovati accanto Guido Crosetto. Aveva appena detto in Tv che si deve sostenere la finanziaria di Draghi.
“Ci spiega cosa vuole dire?”
“Voglio dire che questo governo deve mandare la legge a Bruxelles entro il 16 ottobre e non dobbiamo mettere ostacoli”
“Ma poi il Parlamento potrà intervenire”
“Eh ma poi il lavoro sarebbe lungo”
Un atteggiamento di felpata correttezza politica che nasconde una enorme preoccupazione: e adesso come farà Fratelli d’Italia a prendere in mano tutti i dossier economici in questa situazione drammatica con i costi dell’energia e la guerra e i venti di una crisi pericolosa? Anche perché pure loro compattissimi non sono: da un lato i duri della guerra all’Europa e al Pnrr, dall’altro i convergenti su Draghi. Meloni sta in mezzo e dovrà fare fronte anche ai fautori dello spendere spendere in barba a Von Der Leyen, sì ma spendere come? E davvero avrà il coraggio di toccare il reddito di cittadinanza dopo quel risultato al Sud?
E non c’è solo Fratelli d’Italia dove già si affacciano i volti di chi vorrebbe prendersi i ministeri economici, da Tremonti allo stesso Crosetto. C’è Berlusconi che ora si sente di nuovo giovane e si metterà in testa di fare l’ago della bilancia, il fattore determinante, quello col potere di veto e di vita e morte del governo. E Berlusconi non lo fa gratis. E c’è lo psicodramma di Salvini. Ammesso non lo facciano fuori, Salvini si ritroverà una Lega di nuovo nordista. E al nord vogliono l’autonomia, non il presidenzialismo. Il programma dice che ci sono entrambe le riforme ma il quadro è cambiato: per i leghisti della prima ora, gli unici sopravvissuti, il presidenzialismo è una bestemmia e per i post fascisti trionfanti l’autonomia del nord è un tradimento.
I temi sono davvero tanti. Basti pensare ai diritti: toccare i diritti civili vuol dire dare una chance di risveglio alle piazze, è la sfida che tutti si aspettano.
Meloni sa che non ha cinque anni sicuri davanti, ne ha uno probabilmente, un anno di crisi. Poi le tensioni potrebbero diventare troppo grandi (